Fluidi geotermici per il recupero di materie prime critiche e strategiche

14 mag 2025
Riflessioni dal secondo simposio Nazionale dell’Osservatorio Materie Prime Critiche Energia (OIMCE), promosso da WEC Italia e Assorisorse in collaborazione con RSE. Articolo di Pierpaolo Signorelli.

Come è noto l’UE ha una forte esposizione nel rifornimento di alcune materie, vitali per l’industria elettronica, di impiantistica energetica, automobilistica ecc., in quanto sono tutte importate dall’estero, alcune in quantità maggiori altre minori.

Per fornire un esempio, che offra il grado di dipendenza europea dai rifornimenti esteri, si riporta il seguente elenco:

  • la Cina procura il 100% dell'approvvigionamento delle terre rare pesanti;
  • la Turchia provvede il 98% del boro utilizzato in Europa;
  • il Sud Africa fornisce il 71% del fabbisogno di platino.

Questa situazione già di per sé precaria, sia nelle forniture e, ancor di più, negli andamenti dei prezzi, potrebbe diventare molto grave se l’attuale tensione daziaria non trovasse una durevole ricomposizione diplomatica.

Estrazione dei CRM nel mondo

 

 

Così, l’Unione Europea, già da qualche anno sta approntando una serie di “contromisure” per poter avere un maggior livello di sussistenza e magari, per alcune materie strategiche, anche l’autosufficienza. Le vie per procurarsi tali elementi – l’UE ne ha stilano un elenco che si aggiorna periodicamente e, purtroppo, tende ad allungarsi – sono diversi, da quelli classici dell’estrazione mineraria, alla raffinazione, allo urban mining. In alcuni di tali processi, l’Italia gode di un posizionamento molto interessante, come conseguenza della sua antica attività di produzione geotermica. Da tale storica risorsa il Paese ricava un discreto sostegno energetico (calore ed elettricità), specie in Toscana nella zona del Lardarello; il potenziale nazionale sarebbe  molto elevato, potendo arrivare a coprire fino al 10% dei consumi interni se si arrivasse a perforare  a 5Km di profondità.

Nell’attività geotermica, i fluidi, (acqua o vapore), a contatto con le rocce del sottosuolo, possono dissolvere minerali presenti in esse, ottenendo una soluzione ricca di minerali, che poi viene portata in superficie attraverso i pozzi.  In termini generali, la lisciviazione viene da sempre impiegata nelle attività minerarie, ed è il processo di estrazione che utilizza una soluzione (solitamente acquosa) per dissociare un metallo o un composto metallico dal minerale in cui è contenuto. 

Ultimamente, per le necessità di approvvigionamento delle materie critiche e/o strategiche, si è potuto apprezzare come nei fluidi sia geotermici che minerari siano presenti quantità significative di alcuni di questi elementi, al punto da poter pensare di avviare un’attività “estrattiva” autonoma e collaterale a quella principale.

Questo approccio rappresenta un importante contributo per la sostenibilità e per la sicurezza dell’approvvigionamento minerario e dell’implementazione di quello energetico, perché si tratta di una metodologia a basso impatto ambientale.

È quanto emerso nel secondo simposio Nazionale dell’Osservatorio Materie Prime Critiche Energia (OIMCE), promosso da WEC Italia e Assorisorse, in collaborazione con RSE, che ha approfondito il tema strategico della valorizzazione degli scarti minerari e dei fluidi geotermici alla luce della normativa attuale (europea ed italiana), e delle disponibilità territoriali presenti in Italia.

Durante il tavolo tecnico del convegno sono intervenuti, ricercatori dell’RSE, del Mase e del CNR. Nunzia Bernardo (RSE) ha fornito un inquadramento tecnico e normativo sulle principali politiche europee e nazionali in materia di CRM, soffermandosi sull’evoluzione regolatoria culminata con il CRMA (Critical Raw Materials Act). Entrato in vigore il 23 maggio 2024, esso costituisce la base di riferimento normativa, nel quale si aggiorna la lista delle materie prime critiche e si definisce una strategia per: 1) tornare gradualmente a produrre e trattare i metalli rari in Europa; 2) diversificarne le catene di approvvigionamento da Paesi terzi; 3) potenziarne il riciclo.

Tutti provvedimenti che puntano a rafforzare l'autonomia strategica europea in termini di approvvigionamento sicuro e sostenibile di queste risorse.

Inoltre il regolamento istituisce un quadro vincolante per gli Stati Membri, fissando obiettivi minimi per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento:

  • Estrazione interna UE: almeno il 10% del consumo annuo.
  • Trasformazione interna: almeno il 40%.
  • Riciclaggio: almeno il 25%.
  • Diversificazione delle fonti esterne: non oltre il 65% da un singolo Paese terzo

I progetti che riguardano materie prime strategiche, una volta riconosciuti dalla Commissione Europea, acquisiscono lo status di interesse pubblico nazionale, con iter autorizzativi agevolati.

L’Italia partecipa attivamente con quattro progetti strategici dedicati al riciclo:

  • Solvay (Toscana): recupero del platino.
  • Itelyum Regeneration (Lazio): riciclo di magneti permanenti.
  • Portovesme (Sardegna): estrazione di litio.
  • Circular Material (Veneto): recupero di rame e nichel.

Considerando che l’Italia è un paese non grande, soprattutto se raffrontato alle dimensioni dei colossi della globalizzazione, i progetti proposti nel settore minerario e le opportunità emerse nel campo geotermico risultano di rimarchevole importanza nelle loro affermazioni.

E in effetti, come ha sottolineato Pierpaolo Oreste (Politecnico di Torino) le difficoltà nell’estrazione delle terre rare sono numerose, principalmente per la loro modesta concentrazione, che   viene espresse in ppm (parti per milione), ossia 1g per singola tonnellata. Ecco perché, ha continuato l’esperto, la possibilità di recuperare dei CRM dagli scarti minerari costituisce un’opportunità grandissima, perché si possono trarre i seguenti benefici: minori costi e tempo per l’estrapolazione; materiale pre-arricchito e già frantumato; mitigazioni ambientali e paesaggistici per aree contaminate.

Marina Sacco (MASE) ha evidenziato le opportunità legate all’estrazione del litio dai fluidi geotermici, e ha ricordato le normative per facilitare lo sviluppo di questo potenziale. In particolare il D.lgs. 22/2010 disciplina l’uso delle risorse geotermiche, distinguendo tra competenze statali e competenze regionali. Le prime hanno a riguardo le risorse ad alta entalpia (potenza ≥20 MW termici), risorse in aree marine e impianti pilota a emissioni nulle. Mentre le seconde concernono impianti di produzione di energia da risorsa geotermica di minor entalpia, e le competenze relative alle risorse geotermiche per la terraferma.

Ci sono poi le piccole utilizzazioni locali di calore geotermico, quelle per le quali sono soddisfatte congiuntamente le seguenti condizioni:

  1. consentono la realizzazione di impianti di potenza inferiore a 2 MW termici, ottenibili dal fluido geotermico alla temperatura convenzionale dei reflui di 15 gradi centigradi;
  2. ottenute mediante l'esecuzione di pozzi di profondità fino a 400 metri per ricerca, estrazione e utilizzazione di fluidi geotermici o acque calde, comprese quelle sgorganti da sorgenti per potenza termica complessiva non superiore a 2.000 kW termici, anche per eventuale produzione di energia elettrica con impianti a ciclo binario ad emissione nulla.

Complessivamente si tratta di opportunità di sfruttamento del patrimonio geotermico nazionale importanti, perché richiedono meno costi per l’attivazione, possono diffondersi più facilmente e possono contestualmente contribuire sia alla generazione energetica  che all’ottenimento di materie critiche.

Infine, Andrea Dini (CNR) ha approfondito le potenzialità dell’estrazione di litio da fluidi geotermici e termali. In particolare il ricercatore ha posto l’accento come in alcune privilegiate aree italiane, si rilevano alcune concentrazioni significative:

  • Centro-sud Italia: fino a 500 mg/l nei fluidi geotermici.
  • Appennino: fino a 400 mg/l nei fluidi salini.
  • Graniti in Toscana: fino a 2.500 mg/kg.
  • Alpi Marittime: fino a 3.000 mg/kg in rocce vulcano-sedimentarie.

Le caratteristiche geologiche e geografico-climatiche del nostro Paese sono poco adatte al ritrovamento di pegmatiti a spodumene o di salar, ma la possibilità di trovare giacimenti non convenzionali è molto elevata. In particolare, esiste un alto potenziale per il ritrovamento di litio nei fluidi profondi presenti nella fascia vulcanica-geotermica campano-laziale e nella zona al fronte della catena appenninica, tra Piacenza e Pescara.

Qui sono presenti acque salate con concentrazioni di litio fino a 480 mg/kg, più del doppio dei valori misurati nei fluidi inglesi, francesi e tedeschi. Queste concentrazioni permetterebbero di recuperare il metallo con tecniche sostenibili di estrazione diretta, con possibilità di co-generare energia elettrica e teleriscaldamento. Queste risorse rappresentano anche un’occasione per rilanciare l’attività mineraria italiana, ferma da oltre trent’anni.

Nell’insieme le indicazioni che sono emerse dal convegno mostrano come le prospettive siano davvero promettenti per la geotermia: la valorizzazione dei fluidi per recuperare materie prime critiche e strategiche sarà d’impulso ad un massiccio rilancio dell’attività geotermica, in quanto i maggiori ricavi derivanti dalle attività minerarie a latere, consentiranno di attivare pozzi più profondi, tradizionalmente più costosi e perciò evitati.  La gemmazione di tali operazioni esplorative in tutta la penisola costituisce un’opportunità davvero grande per poter ottenere energia a zero emissioni di CO2, in modalità programmabile, da poter utilizzare con ulteriore vantaggio economico nel nuovo mercato MSD.