INTERVISTA. Green Arrow Capital: bene Italia su biometano ma attenzione a speculazione ed export prodotto

04 apr 2024
Intervista di Watergas a Daniele Camponeschi, Co-fondatore e CIO di Green Arrow Capital

L’Italia è un “paese virtuoso” nel settore del biometano e ha tutte le caratteristiche favorevoli per un vero e proprio decollo. Tuttavia, bisogna stare attenti a una serie di fattori che si mettono di traverso. Tra questi, il rischio che il prodotto possa essere dirottato all'estero, come in Germania dove offrono di più per acquistarlo. Oppure la speculazione: “la filiera rischia infatti di essere messa in crisi da parte di soggetti che vengono in Italia per speculare, prendendo delle rendite di posizione grazie anche a dei processi autorizzativi spesso non restrittivi”.

Parla anche di questo Daniele Camponeschi, Co-fondatore e CIO di Green Arrow Capital, in questa intervista rilasciata a Watergas, che fa anche sapere che la società guarda pure al biognl, vettore “sicuramente molto interessante”.

Di recente avete annunciato, insieme a Lazzari&Lucchini, il completamento del primo portafoglio di biometano composto 7 impianti. Ora puntate a raddoppiare con un secondo portafoglio di sei impianti che entreranno in funzione entro il 2025. Vedete quindi nell’Italia buone opportunità di crescita del settore? Quali sono i punti di forza del nostro Paese?

In questo momento l'Italia è estremamente favorevole rispetto a un'industria che sta nascendo, perché l'integrazione con le comunità locali è sicuramente molto forte e questo porta un beneficio sul territorio nell’ottica di una vera economia circolare.

Inoltre, l'Italia è un Paese a grandissima vocazione agricola e agroindustriale. Certamente una delle basi fondamentali per il settore del biometano, ovviamente da scarto agricolo e non da forsu, è il fatto che ci sia una forte articolazione anche della supply chain; quindi, di quelle che poi sono le fonti necessarie per la produzione di biometano.

Aiuta moltissimo il fatto che nel nostro Paese è presente una forte integrazione della parte industriale con quella agricola, poiché la prossimità delle fonti rispetto agli impianti e paradossalmente anche rispetto al mercato, porta a importanti sinergie e a grandi economie di scala.

Se pensiamo che in prossimità dei nostri impianti, comunque, ci sono i grandi produttori e aziende, è evidente che questo può facilitare una forte espansione del settore e anche l'utilizzo in maniera efficiente del biometano stesso.

È necessario però evitare il rischio che il prodotto possa essere dirottato all'estero. Ci sono infatti paesi come la Germania, che si sono posti degli obiettivi molto ambiziosi in termini di riduzione delle emissioni anche per esempio nel trasporto, e stanno acquistando il prodotto in tutta Europa.

Quindi, in sostanza, in questo momento, alcuni operatori producono in Italia, però rivendono in Germania perché conviene?

Sì. offrono di più. In questo la Germania è sicuramente molto più lungimirante, infatti loro hanno dato dei target molto ambiziosi. Le aziende tedesche sono molto dinamiche nell'acquisizione della molecola in tutta Europa e pagano i certificati il doppio rispetto al prezzo di mercato.

La Germania ritiene in questo momento storico di dover anticipare il mercato e quindi rendere disponibili queste fonti non fossili per poter sostenere la transizione energetica.

Anche considerando l'attesa dell'elettrificazione dei trasporti, sia urbani che extraurbani, sia leggeri che pesanti, sembra emergere una chiara tendenza verso una transizione più graduale e fluida. Non è necessariamente un cambiamento evidente, ma si intravede una direzione verso un approccio più morbido e armonioso, in cui le fonti di energia non fossile, come i biocarburanti e il biognl, giocano un ruolo significativo. Queste soluzioni sono più simili ai combustibili tradizionali sia nell'utilizzo che nell'approccio, facilitando così questa transizione.

A parte il rischio di vedere vendere il prodotto all’estero, quali altre problematiche deve affrontare il settore?

La legislazione attuale cerca di sostenere il settore, tuttavia, rispetto ad altri paesi, siamo purtroppo leggermente indietro su questo fronte. È anche necessario migliorare il processo di recupero del compost prodotto al fine di utilizzarlo efficacemente come biofertilizzante. Pertanto, credo che il nostro Paese debba compiere uno sforzo maggiore per offrire tutte le opportunità possibili affinché tali impianti possano operare al meglio delle loro capacità.

Inoltre, sarebbe utile che ci fosse un maggiore focus da parte del Ministero delle Infrastrutture e di tutti quelli che sono gli organi preposti a controllare i processi autorizzativi. Il rischio che si intravede è che gli investitori esteri possano entrare in questo settore molto ricco e con grandi possibilità di espansione e utilizzare il sistema secondo quelle che sono le loro esigenze e non le nostre.

Servono iter autorizzativi più snelli e anche incentivi?

Io personalmente non sono un enorme fautore degli incentivi. E' ovvio che parliamo di un'industria nascente quindi sicuramente c'è bisogno di un supporto ma c'è anche bisogno di chiarezza, di trasparenza e di una programmabilità nel lungo periodo, tutte cose che oggi mancano in generale nel comparto delle fonti alternative.

Quindi che si parli di biometano o di fotovoltaico ed eolico per noi è fondamentale avere progetti e programmi a 15 anni e poter sviluppare delle strategie di investimento di lungo termine, soprattutto evitare la speculazione.

La filiera rischia infatti di essere messa in crisi da parte di soggetti che vengono in Italia per speculare, prendendo delle rendite di posizione grazie anche a dei processi spesso autorizzativi non restrittivi.

Le barriere all'ingresso in alcuni casi sono molto basse. Non bisogna, per esempio come in Spagna, apporre delle garanzie quando chiedo l'interconnessione o comunque dimostrare la solidità finanziaria dello sponsor. Questo fa sì che alcuni operatori mettano a terra centinaia di megawatt - se non gigawatt - senza realmente avere poi l'intenzione di costruirli, intasando processi autorizzativi e anche punti di connessione.

Prima abbiamo citato la Germania, ma rispetto agli altri stati membri l'Italia come si posiziona?

Sicuramente l'Italia è un paese virtuoso, comunque ha intrapreso la via di questo cambiamento rispetto alle fonti fossili già da tempo. Noi come azienda abbiamo iniziato già nel 2018 a guardare al settore, i primi investimenti li abbiamo fatti nel 2019.

Quello che spesso però accade in Italia è che ci si perde nel passaggio dei governi. Noi siamo stati i primi a partire con iniziative molto virtuose come è stato il caso del fotovoltaico nel 2007, dell'eolico nel 2003 e del biometano recentemente. Ma poi ci facciamo superare da altre nazioni che hanno una maggiore costanza nella programmazione, ma anche soprattutto nell'identità nazionale, nel senso che ci sono dei temi di fondo che indipendentemente dalla corrente politica vanno comunque perseguitati nell'interesse collettivo.

Sicuramente oggi è un momento storico in cui si deve accelerare, perché effettivamente proprio per le caratteristiche della nostra economia si può fare molto di più. Tant'è che gli impianti operativi in Italia di biometano sono pochissimi, noi siamo tra i più grossi operatori, con i sette impianti operativi, i sei che stiamo per costruire e con tutto quello che abbiamo già messo in piedi. Io trovo sia un peccato perché la nostra penisola fornisce le caratteristiche migliori per poter avere un'incidenza maggiore di fonti non fossili sul nostro fabbisogno complessivo.

A parte il biometano, guardate anche al biognl?

Il biognl è sicuramente molto interessante, tant'è che originalmente i nostri primi sette impianti e anche gli ultimi sei dovevano avere prevalentemente la doppia opzione, quindi sia quella di essere allacciati in rete sia quella di poter produrre biognl. Il fatto che si abbia aperto la maglia delle possibilità di utilizzo del biometano a un investitore crea diverse opportunità.

La trasformazione del gas in liquido, permette una sua migliore gestione, vista la maggiore facilità di trasporto a lunghe distanze ma anche flessibilità nell'essere utilizzato per diversi scopi finali. Per massimizzare il valore economico della molecola, quindi tralasciando incentivi e certificati di vario genere, è fondamentale raggiungere il più direttamente possibile l'acquirente finale, saltando i diversi intermediari. Per fare questo, tuttavia, si aumenta l'incertezza sul fatturato futuro perché non si riescono ad avere contratti a lungo termine, né per fissare le quantità, né per fissare i prezzi. Quindi aumenta in maniera significativa il rischio sulla prevedibilità del fatturato e quindi la bancabilità di questi progetti e il ritorno per gli investitori.

Abbiamo, dunque, preferito adottare, soprattutto per i primi sette impianti, un approccio molto più prudente, anche perché parliamo di un'industria nascente che già di per sé ha una serie di incognite e indirizzarlo verso la rete nazionale ci sembrava probabilmente più opportuno, anche se all'interno del nostro piano originario avevamo inserito anche i distributori di biognl.

Quindi riteniamo che sia importante per la transizione del mondo dei trasporti un incremento della quota di biognl. Ovviamente non si può avere la molecola per tutti gli usi e andrà in qualche modo razionalizzata.

Ovvio, all'aumentare della produzione si potranno indirizzare gli utilizzi sia nel trasporto sia poi negli altri consumi industriali.

Intervista di Elena Veronelli