
Presentato il Rapporto annuale dell'Autorità. Al centro la sfida climatica, le strategie di adattamento e la sostenibilità economica. Articolo di Pierpaolo Signorelli.
Il consueto rapporto annuale di Arera, l’Autorità di regolazione energia reti e ambiente, presentato martedì, si è connotato quest’anno di una doppia valenza: si celebra il trentennale della istituzione della Autorità e si conclude il settennato dell’attuale collegio che, ha dovuto affrontare un periodo particolarmente turbolento e complesso, partendo dal covid, passando alla guerra russo-ucraina, fino alla tempesta daziaria e alle recenti guerre mediorientali.
Parallelamente a tali crisi, si è accentuato il fenomeno del cambiamento climatico che ha accresciuto la difficoltà gestionale di tutti i settori di competenza dell’Autorità, i quali hanno dovuto far fronte un maggior impegno di spesa e di efficientamento in resilienza alle sfide richieste dall’ambiente.
In particolare, “il settore idrico costituisce uno dei primi ambiti infrastrutturali a registrare con evidenza gli impatti del cambiamento climatico”, ha dichiarato il presidente di Arera, Stefano Besseghini, il quale ha poi aggiunto che “l’alternanza crescente tra eventi estremi – siccità prolungate, alluvioni improvvise, penetrazione del cuneo salino – mette sotto pressione un sistema chiamato a garantire continuità, qualità e sostenibilità del servizio”.
Arera ricorda, infatti, che le alterazioni climatiche compromettono la disponibilità e la qualità delle risorse idriche, aggravano le condizioni delle infrastrutture e rendono sempre più onerosa la gestione delle acque reflue.
Una risposta infrastrutturale multilivello
Aspetto di particolare rilevanza è quello della collaborazione nella filiera idrica fra i vari stakeholder. “Arera ha progressivamente integrato il tema climatico nella propria azione regolatoria, ponendo le basi per una governance multilivello che coinvolge Stato, Regioni, Enti di Governo dell’Ambito (EGA) e gestori del servizio idrico integrato”, ha ribadito Besseghini, aggiungendo: “Questo modello – fondato sul principio di sussidiarietà – mira a coniugare la prossimità territoriale degli EGA con la visione sistemica e regolatoria dell’Autorità centrale”.
Operativamente lo sforzo di Arera messo in atto, e illustrato nel rapporto, si articola su più direttrici. Tra queste: il potenziamento e la riqualificazione degli invasi esistenti; la realizzazione di nuove opere di captazione e accumulo; l’interconnessione tra sistemi acquedottistici al fine di ridurre la vulnerabilità locale; il riutilizzo delle acque reflue trattate, specie in ambito agricolo e industriale; e infine, la gestione della domanda attraverso misure di efficientamento e sensibilizzazione. Un simile impegno prospetta però impegni di spesa egualmente impegnativi ed importanti.
La leva tariffaria e il fabbisogno di investimenti
Tema centrale della relazione annuale è chiaramente la questione tariffaria. Nel periodo regolatorio 2024-2029, il fabbisogno complessivo di investimenti per il servizio idrico integrato è stimato in 28 miliardi di euro, equivalenti a 565 euro/abitante, con un picco di 802 euro/abitante nell’area del Centro. La spesa annuale pro capite per investimenti raggiunge i 94 euro, in crescita rispetto ai 69 euro del periodo 2020-2023.
Al riguardo, il presidente dell’Autorità ha ricordato che “questi investimenti saranno essenziali non solo per colmare il divario infrastrutturale ancora esistente – soprattutto nel Mezzogiorno – ma anche per realizzare interventi orientati alla resilienza, all’efficienza idrica e alla riduzione delle perdite”.
Il venir meno, nei prossimi anni, del ciclo straordinario di finanziamenti pubblici (2021-2026) rende la tariffa nuovamente il principale strumento strutturale di copertura. Con la delibera 639/2023/R/idr, che prevede un periodo di 6 anni per la pianificazione e realizzazione degli investimenti che permettano il raggiungimento dei nuovi obiettivi di qualità tecnica.
In tale contesto, il nuovo Metodo Tariffario Idrico (MTI-4) adotta un approccio sempre più orientato agli esiti, in coerenza con quanto previsto nel settore energia con la regolazione ROSS. La logica non è più meramente contabile, ma finalizzata a premiare il raggiungimento di risultati concreti in termini di infrastrutture, qualità tecnica e ambientale.
Priorità di spesa e resilienza tecnica
Altro punto al centro della Relazione è la pianificazione degli interventi per il quadriennio 2024-2029 che conferma come priorità assoluta la riduzione delle perdite idriche. Ma accanto ad essa quote rilevanti della spesa saranno destinate agli investimenti per la continuità del servizio (15,7%), per il miglioramento della qualità delle acque depurate (13,9%) e per l’adeguamento delle reti fognarie (12,8%).
Una quota del 5,1% del fabbisogno è destinata al rafforzamento della resilienza, come evidenziato dal nuovo macro-indicatore M0, introdotto da ARERA. monitorare quanto il sistema di gestione idrica sarà in grado di prevedere e di soddisfare le esigenze di acqua in un determinato territorio, proprio in conseguenza dei cambiamenti climatici.
Introdotto con la delibera 637/2023/R/idr, 1° gennaio 2024 questo parametro affianca gli altri sei già previsti dal 2018 e misura la capacità dei sistemi idrici di far fronte a condizioni estreme – siccità, picchi di domanda, criticità qualitative – e rappresenta un indicatore ambientale sintetico. Sul punto, il presidente ha rimarcato come “sebbene non influisca direttamente sul calcolo tariffario, l’indicatore costituisce un riferimento fondamentale per una regolazione ispirata alla sostenibilità e alla sicurezza del servizio”.
Equità sociale, costi per l’utenza e necessità di equità sociale: un nuovo paradigma
Nel 2024, si legge nella Relazione, la spesa media per una famiglia tipo (3 componenti, 150 m³/anno) è pari a 365 euro/anno, equivalente a 2,43 euro/m³. La distribuzione territoriale evidenzia una forbice marcata: 276 euro/anno nel Nord-Ovest contro 448 euro/anno nel Centro. La composizione della bolletta riflette i diversi segmenti del servizio: 38,6% acquedotto, 29,7% depurazione, 12% fognatura, 10,6% quota fissa, 9,1% imposte.
La tariffa – rimarca Arera – si è elevata rispetto allo scorso anno, perché malgrado l’acqua, a discapito di quanto si possa pensare è ampiamente presente nel nostro paese, le criticità permangono: lo stato delle infrastrutture – specie la rete fognaria - , le disfunzioni nella ripartizioni di competenze e il peso del cambiamento climatico che rendono deficitario il servizio e costoso il ripristino.
Grande fiducia, come è emerso dalla relazione, è riposta nel nuovo metodo di valutazione degli investimenti, il quale sarà affiancato da una governance multilivello e dall’adozione del parametro M0; tutti insieme saranno componenti di un nuovo paradigma gestionale teso a rendere competitivo e resiliente il sistema idrico italiano.
Tuttavia, anche se la metodologia sarà nuova, l’indirizzo dell’Autorità rimane quello di fissare come prioritario, accanto all’efficienza, la realizzazione dell’equità sociale nei costi, essendo l’acqua il primo fra i beni primari e pubblici.