
Dal REPowerEU ai rigassificatori: come la corsa europea all'indipendenza energetica impatterà sulla competitività e sui costi energetici dell'Italia. Articolo di Pierpaolo Signorelli.
Negli ultimi anni, l'Unione Europea ha accelerato una trasformazione radicale della propria politica energetica, con l'obiettivo di eliminare le importazioni di gas, petrolio e carbone dalla Russia. Dal 2021 al 2023, la dipendenza europea dal gas russo è scesa dal 45% al 15%.
Questo processo, reso urgente dall'invasione dell'Ucraina nel 2022, è ora formalizzato all'interno del piano REPowerEU, che punta alla piena indipendenza energetica dal Cremlino entro il 2027. A tal riguardo la Commissione Europea ha annunciato che il 6 maggio 2025 presenterà una roadmap dettagliata per l'eliminazione totale delle importazioni di combustibili fossili russi. Il piano prevede misure legislative per vietare la stipula di nuovi contratti di fornitura con aziende russe, in particolare per il gas naturale liquefatto (GNL). Inoltre, si stanno studiando meccanismi legali che consentano alle imprese europee di recedere dai contratti esistenti senza incorrere in penali, grazie all'invocazione della forza maggiore.
Una strategia ad alto costo: la dipendenza dal GNL americano
Adottando una posizione così netta e rigida che, peraltro, si vuole rendere definitiva, l'Europa ha dovuto parallelamente sbilanciarsi sul mercato GNL intensificando le importazioni di GNL dagli Stati Uniti. Si tratta di un passaggio doppiamente complicato che lascia molti scontenti, fra cui, comprensibilmente, l’Italia. Va ricordato, infatti, che il segmento del GNL, a differenza della modalità via tubo, ha costi superiori e tempi maggiori, per via della compressione e trasporto via nave. È indicato per paesi insulari come il Giappone, Taiwan o il Regno Unito.
Nell'Europa meridionale, specie in un sistema come il nostro basato sul gasdotto, l'approvvigionamento via nave di GNL rappresenta un elemento di elasticità, capace di offrire diversificazione sia per la scelta dei paesi rifornitori sia nelle tempistiche di consegna. Tuttavia, la rilevanza che si ripone a tale metodologia, in assenza del rifornimento russo che arrivava a coprire il 30% dei consumi nazionali, comporta un incremento dei costi significativo, perché aumenta la competizione con il mercato asiatico che tradizionalmente è quello di maggiore consumo, perciò capace di influenzare i prezzi, ma soprattutto la dipendenza, in questo caso dagli USA. E abbiamo assistito durante l'intero mese di aprile all'escalation che la guerra dei dazi ha preso, e nessuno sa come e quando tali dinamiche troveranno una ricomposizione ed un riassorbimento. Al momento l'incertezza regna sovrana.
La risposte dell'UE vorrebbe essere apparentemente articolata, nel senso che preme per la diversificazione delle fonti di generazione pensando di ridurre i rischi geopolitici associati all'energia. Concretamente spinge col RepowerUE per un massiccio impiego delle fonti rinnovabili che vanno così a rimpiazzare i minor impieghi di gas, specie nel caso in cui i prezzi di tale vettore salgano, come è molto probabile accada.
Italia penalizzata: costi più alti e meno autonomia
Una simile scelta per l'Italia è due volte dannosa: in primis perché al momento i prezzi finali dell'energia elettrica si basano sui costi del gas. In secondo luogo perché un potenziamento così ampio e veloce delle rinnovabili comporta extra costi per la rete che dovrà essere necessariamente implementata e potenziata per reggere il carico di tutti i nuovi allacci.
Non appare quindi lungimirante da parte dell'Europa imporre a tutti gli Stati membri non solo la scelta del vettore energetico – evidentemente l’elettricità rispetto al gas – ma anche la scelta, neanche troppo indiretta, dei paesi rifornitori a breve-medio periodo per gas. E tutto ciò, malgrado comporti extra costi per i paesi fortemente gasiferi come il nostro, oppure per quelli senza sbocchi sul mare come l’Ungheria o la Repubblica Ceca.
Se poi andiamo a vedere gli andamenti del mercato gas in Italia nel primo trimestre di quest'anno, notiamo che lo sviluppo delle rinnovabili è tutt'altro che lineare, e che gli extra costi energetici, sia di gas che di elettricità registratesi oltralpe, spingono gli operatori nazionali verso le esportazioni, aggravando ulteriormente i costi della bolletta nazionale.
Andamenti del primo trimestre del mercato gas in Italia
I consumi di gas nei primi tre mesi dell'anno sono stati tutti crescenti nei macro settori di riferimento (generazione, consumi industriali e civili, sebbene con crescite molto diverse), proprio perché le FER non hanno risposto come auspicato e quindi il termoelettrico ha dovuto supplire in modo robusto. Così per cinque mesi consecutivi ha fatto fronte al calo produttivo dell'idroelettrico e dell'eolico come anche al calo delle importazioni di elettricità; a ciò si è aggiunto un contestuale raddoppio delle esportazioni sia di gas, prevalentemente verso l'Austria che non ha più potuto godere dei rifornimenti dalla Russia e di export di elettricità verso Svizzera e Montenegro. Tutto ciò ha incrementato i consumi di gas e quindi i prezzi al PUN per l'elettricità e al PSV per il metano. Secondo i dati di Snam Rete Gas, nei primi tre mesi del 2025 i consumi italiani di gas sono stati pari a 21.505,2 di mc, in rialzo dell'8,5%, quasi tutti andati come detto al termoelettrico.
Da notare che questa performance è stata possibile, con un rialzo dei prezzi per il consumatore relativamente contenuti, perché il livello generali dei consumi sia elettrici che di gas era basso, specie quelli dell’industria. Si aveva cioè un surplus da poter offrire senza sconquassare i precari equilibri interni del mercato italiano. Ma si è trattato di una condizione provvisoria: il combinato disposto delle esportazioni elettriche e di gas verso i paesi dell’Europa centro orientali privi della fornitura russa potrebbe riflettersi molto pesantemente sui livelli di prezzo interno se non disponessimo di rifornimenti tempestivi e scorte abbondanti. Si verrebbe quindi a creare una competizione al rialzo nelle ore di picco fra i vari mercati nazionali, all'interno del più grande mercato europeo, che esattamente l'opposto della sua finalità costitutiva. Questa volta però indotta non dalla speculazione, ma dalle scelte del tecnocrate europeo.
Il rischio di frammentazione energetica in Europa
La questione è molto seria perché i fondamentali del mercato energetico europeo ed italiano in particolare sono divenuti altamente incerti, condizione che rende i prezzi ancor più volatili nella aleatorietà delle forniture. Non casualmente il Governo ha autorizzato il riempimento degli stoccaggi già da febbraio ed oggi, a fine stagione invernale, ce li ritroviamo pieni al 43%. E non è affatto un buon segnale. In primis perché il costo per il gas che abbiamo già è verosimilmente superiore a quello che dovremo comprare nel prossimo semestre. Quindi i prezzi per l'utenza saranno in rialzo. Di poi il prezzo del gas non risulta un indicatore sufficientemente buono della scarsità o abbondanza della merce, visto che non è sceso quest'inverno in misura parallela al calo complessivo dei consumi e ai rinforzi di riempimento stoccaggio. Terzo, la domanda non riesce ad incider nelle dinamiche di mercato che rimane troppo ingessato e poco concorrenziale, per cui anche a fronte di consumi bassi o estremamente bassi, come è stato nel biennio precedente il prezzo all'utenza si conferma alto perché segue logiche speculative ed autoreferenziali.
La semplice verità è che per comune interesse europeo e diretto interesse italiano, la riattivazione delle forniture russe è vitale per la stabilità e, più ancora, per un calo dei prezzi dell’energia e, rendendo possibile in tale evenienza, la reindustrializzazione del paese. Ma con i prezzi in ribasso, specie per un tempo lungo, le rinnovabili non sono sufficientemente competitive nei costi di installazione per coprire gli impegni del repowerUE.
Al contrario, la disponibilità a riallacciare rapporti commerciali potrebbe essere la "dote" che l'Europa, vaso di coccio fra USA e Russia, potrà portare al tavolo delle trattative. Peraltro il potenziamento dei rigassificatori europei è stato fatto ed è altresì previsto la conversione dei carburanti per il trasporto marittimo, passando dagli olii minerali al gas. Disporre perciò anche del gas russo, è esiziale per la solidità dell'economia europea soprattutto se al termine dei tre mesi di sospensione Trump riprendesse la tensione dei dazi.
Articolo di Pierpaolo Signorelli.