
Intervista di Elena Veronelli a Stefano Ottolini, Consigliere Delegato “leAcque” e Direttore Generale di Padania Acque.
Di recente è nata leAcque, la nuova joint venture tra Acque Bresciane, AqA (gruppo Tea) e Padania Acque, le tre società pubbliche del Servizio Idrico Integrato delle province di Brescia, Mantova e Cremona. In questa intervista il Consigliere Delegato “leAcque” e Direttore Generale di Padania Acque, Stefano Ottolini, ci illustra nel dettaglio obiettivi e strategie.
“La nascita di leAcque rappresenta un passaggio industrialmente rilevante per il Servizio Idrico Integrato della Lombardia orientale. Non si tratta di una fusione, ma di un progetto evoluto di cooperazione strategica tra tre soggetti pubblici – Acque Bresciane, AqA e Padania Acque – che scelgono di mettere a fattor comune competenze, esperienze e asset operativi, per affrontare insieme le sfide del settore”, spiega Ottolini.
Nell’intervista, si allarga il campo alle politiche nazionali per efficientare la rete idrica: “Per compiere un ulteriore salto di qualità, è ora necessario procedere a una semplificazione amministrativa, in particolare per quanto riguarda il permitting”. Altro tema decisivo, per Ottolini, è quello della governance istituzionale, oggi ancora frammentata su troppi livelli.
Tra gli obiettivi quello di dare maggiore contiguità territoriale e alle infrastrutture idriche interconnesse. Come pensate operativamente di raggiungerlo?
leAcque nasce per valorizzare una contiguità che si sviluppa in tre province (Brescia, Mantova e Cremona) con caratteristiche demografiche, idrogeologiche e ambientali comparabili. Variabili queste che impattano in modo analogo sui processi produttivi e, di conseguenza, su OpEx e CapEx.
L’obiettivo è costruire un’architettura tecnico-operativa sovra ambito, che consenta – dove utile – la realizzazione di infrastrutture gestite in logica integrata.
Attiveremo strumenti di pianificazione e ingegneria di rete per individuare aree a elevato potenziale di interconnessione. Non ci muoveremo per confini amministrativi, ma per efficienza funzionale: laddove reti e impianti sono vicini, valuteremo soluzioni capaci di migliorare processi e resilienza.
In che modo questa contiguità migliora la sostenibilità della rete?
Renderà la rete più sostenibile, resiliente e intelligente, permettendo di pianificare su scala interprovinciale, affrontando in modo più sistemico gli impatti del cambiamento climatico: siccità, eventi estremi, stress su falde e impianti. Interconnettere reti, mettere in rete impianti di trattamento e accumulo, gestire in modo coordinato le riserve idriche consente di mitigare i picchi di carico e prevenire interruzioni.
La sostenibilità non è solo ambientale, ma anche economica e operativa: lavorare insieme ci permetterà di presidiare meglio i territori più vulnerabili e rispondere in modo veloce ed efficace.
Pensate di allargare la partnership ad altri gestori?
leAcque è stata costruita con una governance leggera, ma solida.
Il contratto di rete ci consente di mantenere autonomia societaria, pur ragionando in termini integrati: una flessibilità che abilita una crescita, senza dover passare necessariamente da operazioni sul capitale.
Se le condizioni lo consentiranno, valuteremo con apertura nuove adesioni. Ma non stiamo costruendo una joint venture aperta in astratto: vogliamo un progetto scalabile ma solido, ancorato a prossimità infrastrutturale, coerenza operativa e una governance industriale realmente condivisa, con l’obiettivo di generare valore industriale e pubblico nel lungo periodo.
Conoscete esperienze simili in Italia o all’estero?
Sì, tutte le nostre società fanno parte della Water Alliance, che ha dimostrato come la cooperazione tra soggetti pubblici, se ben strutturata, possa generare sinergie nella rappresentanza istituzionale, in diverse attività di sistema e nella condivisione di buone pratiche.
Tuttavia, leAcque nasce con una logica differente e complementare. La Water Alliance coinvolge realtà tra loro non contigue ed estremamente eterogenee: integrazioni funzionali spinte sono solo parzialmente perseguibili.
Con leAcque, invece, stiamo lavorando su un altro livello, fondato proprio sulla prossimità fisica e sulla compatibilità tecnica.
Come aumenterete la capacità di investimento e ridurrete i costi?
Puntando su una logica di efficienza selettiva: accentrando solo ciò che non genera vantaggio competitivo individuale, ma che può invece produrre economie di scala o qualità superiore.
Realizzeremo investimenti centralizzati: attrezzature di laboratorio ad alto contenuto tecnologico, gruppi di continuità o impianti mobili per emergenze, software, magazzini strategici con ricambi ad alto valore unitario e a bassa rotazione, ecc. Potremo così eliminare ridondanze, migliorando al contempo prontezza operativa e gestione patrimoniale.
In sintesi, la massa critica aggregata di 1,4 milioni di abitanti costituisce una leva per assorbire costi fissi, rendere sostenibili funzioni ad alta specializzazione e accrescere l’efficienza complessiva del sistema.
Come si posiziona l’Italia rispetto ad altri Paesi europei?
L’Italia, storicamente, ha accumulato un significativo ritardo in termini di capacità di investimento: la media italiana è di 52€ ab./anno, contro una media UE che supera i 100, con punte di oltre 120 nei Paesi del Nord. Questo gap riguarda non solo la quantità, ma anche la qualità della spesa: spesso gli investimenti sono frammentati, sottodimensionati o rallentati da vincoli amministrativi e gestionali.
Il ritardo verso l’Europa è anche tariffario: una famiglia in Italia spende in media 330€/anno, contro la media europea di oltre i 500€.
Il vero nodo, quindi, non è tanto la proprietà del gestore (pubblica, mista o privata), né la modalità di affidamento (in house o tramite gara), quanto la capacità di operare secondo logiche industriali, con una governance in grado di pianificare, attrarre e investire risorse. In questo senso, è ormai evidente la necessità di superare definitivamente le gestioni in economia.
Il settore idrico richiede oggi massima professionalità, innovazione, capacità di risposta climatica, resilienza energetica, presidio del rischio e visione intergenerazionale. Tutti elementi che possono essere garantiti solo da gestioni industriali e orientate a generare valore per il territorio e per i cittadini.
Cosa chiedete alle istituzioni per migliorare l’efficienza e la qualità del servizio idrico?
Stabilità regolatoria e normativa. Il nostro settore ha fatto enormi passi avanti, e lo dobbiamo in larga parte al contributo di ARERA e al suo impianto regolatorio, che ha innescato e sostenuto una profonda trasformazione.
Per compiere un ulteriore salto di qualità, è ora necessario procedere a una semplificazione amministrativa, in particolare per quanto riguarda il permitting. Troppo spesso i tempi non sono compatibili con la velocità richiesta dal settore o dalle emergenze climatiche.
Altro tema decisivo è quello della governance istituzionale, oggi ancora frammentata su troppi livelli. Una regia più coordinata potrebbe garantire coerenza strategica e ridurre sovrapposizioni, in un coordinamento capace di valorizzare le esperienze più evolute e supportare quelle in ritardo.
L’acqua è una questione strategica: non solo ambientale, ma anche economica, di competitività dei territori, di coesione sociale e di sicurezza. E per affrontarla servono strumenti, visione e capacità operativa.