Progetto SAPHEA, il ruolo chiave della geotermia per decarbonizzare le reti DHC

09 giu 2025
Attualmente il calore rappresenta metà dei consumi energetici totali. Al centro del convegno ospitato dal GSE, e organizzato da UniTo, UGI e AIRU, la necessità di politiche di supporto e finanziamenti al settore geotermico. Articolo a cura di Daniela Marmugi

La decarbonizzazione delle reti DHC passa anche e soprattutto attraverso la promozione della fonte geotermica. È quanto è emerso in occasione del convegno di presentazione del progetto europeo SAPHEA ("La geotermia per il teleriscaldamento/raffrescamento: risultati del progetto europeo SAPHEA"), svoltosi il 6 giugno scorso con la collaborazione dell'Unione Geotermica Italiana.

Sebbene la maggior parte delle persone associ principalmente l'energia all'elettricità, come è stato più volte sottolineato nel corso dell'incontro, il calore rappresenta infatti circa il 50% dei consumi finali: per questo motivo, è fondamentale intervenire su questo settore per raggiungere gli obiettivi di transizione energetica a livello nazionale ed europeo.

L'evento si è aperto con i saluti di Giuseppe Mandrone dell'Università di Torino, rappresentante di SAPHEA: il progetto, partito quasi tre anni fa e in dirittura d'arrivo entro la fine del mese, ha coinvolto realtà di tutta l'Europa, che hanno collaborato nella raccolta di dati, strumenti, modelli di business, linee guida operative e una mappatura dei meccanismi finanziari europei pensati per il superamento degli ostacoli, spesso di natura politica e finanziaria, che ancora frenano lo sviluppo di questa tecnologia.

D'altronde, ha ricordato anche il Presidente dell'UGI Bruno Della Vedova, le tecnologie sono già disponibili e affidabili, quello che occorre per dargli valore è il supporto delle istituzioni. Del medesimo avviso anche Alessandro Cecchi, Presidente di AIRU, che ha sottolineato l'importanza di un mix delle fonti per il raggiungimento degli obiettivi climatici. Richiamando esempi virtuosi come quello della Francia, che ha portato la quota di riscaldamento geotermico al 5,5%, o dell'Austria, dove è attiva una roadmap al 2040 con strumenti finanziari avanzati, come fondi di garanzia che coprono fino al 90% del rischio di insuccesso le perforazioni, Cecchi ha ribadito la possibilità di abbattere le barriere attraverso una stretta collaborazione degli enti coinvolti.

Dal lato degli incentivi, Vittorio Tomassetti del GSE ha ricordato che circa il 70% dei titoli di efficienza energetica rilasciati in Italia derivano da impianti di cogenerazione, attualmente basati quasi esclusivamente su fonti fossili. Tuttavia, ha spiegato, è ormai chiaro l'indirizzo comunitario verso la decarbonizzazione: la geotermia è infatti ricompresa nel DM FER tra le fonti che possono accedere alle aste termiche. Quella che stiamo attraversando, ha detto, è una fase di particolare fermento, dove è più che mai possibile, e doveroso, cogliere le varie possibilità che si presentano.

Gabriela Squarzoni, Ricercatrice RSE, ha poi illustrato le varie attività di mappatura e simulazione geotermica portate avanti dal punto di vista scientifico, ad esempio per l'individuazione tramite dati ad accesso pubblico (es. ISPRA) di aree idonee allo sviluppo della geotermia a bassa e media entalpia o per la valutazione dell'efficienza di sistemi di accumulo termico nel sottosuolo (ATES).

A fare un quadro numerico della situazione Giusy Vetrella e Giovanna Tagliacozzo di ISTAT, che hanno presentato i dati sui comportamenti energetici delle famiglie italiane. In particolare, negli ultimi due decenni si è registrato un calo dei consumi energetici, di cui quelli termici rappresentano circa l'80%, mentre ha subito un'impennata la spesa energetica, complici la pandemia e le crescenti tensioni geopolitiche. Per rimanere al passo con i tempi, le indagini hanno visto negli anni l'introduzione di nuovi quesiti specifici per temi emergenti: nell'indagine più recente, prossima all'uscita, sono presenti domande dedicate alla geotermia, e non è da escludere che questa fonte, al momento ricompresa nella voce "Altro", ottenga nel tempo una propria categoria.

I lavori sono proseguiti con una presentazione dettagliata dell'iniziativa a cura di Jessica Maria Chicco dell'Università di Torino, rappresentante di SAPHEA: il progetto, ha spiegato, raccoglie un catalogo degli scenari possibili per applicazioni di teleriscaldamento/raffrescamento geotermico, classificati in base alla temperatura della sorgente geotermica e alla complessità dell'infrastruttura. Dagli scenari più semplici, come il free cooling, che sfrutta direttamente l'acqua di falda per il raffrescamento, fino a quelli più complessi, che richiedono pompe di calore, impianti di accumulo e perforazioni profonde.

Illustrate nello studio anche le varie modalità di finanziamento: come spiegato da Giulia Conforto, e-think Vienna e rappresentante di SAPHEA, ogni fase del progetto, dall'esplorazione, allo sviluppo fino alla realizzazione, richiede strumenti specifici, e il capitale pubblico è cruciale nelle fasi iniziali per ridurre il rischio di insuccesso, in modo particolare per le aziende geotermiche che sono spesso di piccole dimensioni.

A concludere la mattinata la presentazione, da parte di Giulia Cittadini, Policy Advisor di EGEC e rappresentante di SAPHEA, delle varie roadmap elaborate nell'ambito del progetto SAPHEA per valutare la "prontezza politica" delle varie nazioni europee allo sviluppo della geotermia in base a quattro aspetti: regolamentazione, fattibilità tecnica, finanziamento e accettazione sociale.

Dai casi di studio analizzati è emerso che l'Italia è molto più indietro, dal punto di vista normativo, se confrontata con nazioni come Danimarca e Austria. Tuttavia, come ricordato a margine dell'incontro, i dati non devono scoraggiare ma, al contrario, spingere gli attori della geotermia ad agire: l'attenzione europea su questo tema potrebbe infatti tradursi presto in politiche più favorevoli anche a livello nazionale.

Articolo a cura di Daniela Marmugi