
Eni: "Accusa incomprensibile e infondata, si fonda su una ricostruzione artificiosa. Le informazioni su variazione prezzi della componente bio erano già note al mercato".
Oltre 936 milioni di euro di multa per intesa restrittiva della concorrenza. Questo l'importo complessivo delle sanzioni imposte dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato a Eni, Esso, Ip, Iplom, Q8, Saras e Repsol (Tamoil).
Dall'istruttoria, si legge in una nota dell'AGCM, avviata grazie a un whistleblower, è infatti emerso che le aziende petrolifere si sono coordinate per determinare il valore della componente bio inserita nel prezzo del carburante: nel dettaglio, le compagnie avrebbero attuato contestuali aumenti di prezzo, in gran parte coincidenti, determinati da scambi di informazioni diretti o indiretti tra le imprese interessate.
La difesa di Eni
Secondo Eni, la decisione dell'Autorità è da considerarsi "incomprensibile e infondata". Per questo motivo, l'azienda ha annunciato in una nota la propria intenzione di tutelarsi in sede giurisdizionale.
"Nonostante la piena collaborazione e la trasparenza assicurata da Eni durante tutto il corso dell'istruttoria, l'impianto accusatorio dell'AGCM si fonda su una ricostruzione artificiosa. L'AGCM ignora le evidenze emerse, che dimostrano come Eni e gli altri operatori abbiano sempre agito in autonomia e spesso in disallineamento, così come infondate risultano anche le valutazioni riguardo alla pubblicazione dei prezzi sulla stampa di settore, dato che le informazioni relative alla variazione dei prezzi della componente bio erano già note al mercato e, quindi, non in grado di condizionare le dinamiche concorrenziali", sono le parole utilizzate da Eni nel proprio comunicato.
Inoltre, aggiunge l'azienda, la decisione dell'AGCM riguarda una componente imposta da obblighi normativi che incide solo per pochi centesimi al litro sul prezzo al consumo del carburante, e un simile approccio rischia di penalizzare ulteriormente gli investimenti industriali italiani nella transizione energetica.