
In aggiunta alle tre strade ad oggi percorribili, lo studio propone una "quarta via", basata sulla riassegnazione delle concessioni tramite rinnovo/rimodulazione delle condizioni di esercizio.
Il futuro dell'idroelettrico è fortemente legato all'assetto normativo e regolatorio delle concessioni, per questo serve definire al più presto regole certe e stabili che permettano di abilitare nuovi investimenti, rafforzandone il ruolo di prima fonte rinnovabile del Paese e assicurando sicurezza energetica, sostenibilità ambientale e sviluppo industriale. È quanto si legge nello Studio "Energia dall'acqua, forza e sicurezza del paese: Il ruolo strategico dell'idroelettrico per l'Italia", realizzato da TEHA in collaborazione con Enel e anticipato nell'ambito della 51° edizione del Forum "Lo Scenario di oggi e di domani per le strategie competitive" di TEHA.
Tali obiettivi, emerge dalla ricerca, sono raggiungibili a condizione che si superino le attuali complessità regolatorie, lavorando sulla gestione delle concessioni ed esaminando con cura tutte le opzioni: in aggiunta alle tre strade ad oggi percorribili, secondo la normativa attuale (gare tout-court, società miste e partenariato pubblico-privato) si potrebbe valutare una nuova soluzione, la "quarta via" basata sulla riassegnazione delle concessioni agli attuali concessionari tramite rinnovo/rimodulazione delle condizioni di esercizio a fronte di un piano industriale, e una complessiva armonizzazione ed equilibrio dell'attuale assetto dei canoni.
Idroelettrico "tecnologia strategica" per l'Italia
"Lo studio evidenzia come il settore idroelettrico rappresenti un pilastro per la sicurezza energetica del Paese e per questo vanno create le giuste condizioni per il suo sviluppo. Si tratta di una tecnologia a prevalenza di costi fissi, che richiede elevate competenze tecniche, capitali ingenti sia in fase iniziale che di mantenimento, e presenta quindi lunghi tempi di ritorno dell'investimento. A questi costi si sommano poi i canoni, che negli ultimi anni sono aumentati fino a sei volte. La produzione idroelettrica è inoltre caratterizzata da una importante variabilità, con periodi di siccità sempre più frequenti che impattano fortemente sulla produzione. Lo studio mette in risalto che l'attuale incertezza normativa sulle concessioni sta ritardando fino a 6 anni, investimenti necessari per tutto il sistema", ha commentato Salvatore Bernabei, Head of Enel Green Power and Thermal Generation di Enel.
"Per l'Italia l'idroelettrico rappresenta una tecnologia strategica, coprendo circa il 15% dei consumi elettrici nazionali. La sua valenza non è solo di carattere energetico, socio-ambientale ma anche industriale, infatti l'idroelettrico attiva una filiera tecnologica complessa, dal valore di oltre 37 miliardi di euro di produzione e 19 miliardi di export", ha commentato Lorenzo Tavazzi, Senior Partner e Board Member di The European House - Ambrosetti e TEHA Group.
Nel dettaglio, accanto a questi punti di forza, lo studio evidenzia una criticità che rischia di compromettere il futuro del settore: l'86% delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche è già scaduto o scadrà entro il 2029: senza un intervento tempestivo che vada nella direzione di una maggiore stabilità e chiarezza del quadro normativo-regolatorio, il Paese rischia un ritardo di almeno 6 anni degli investimenti, con effetti negativi non solo sulla capacità produttiva e sulla sicurezza energetica, ma anche sulla competitività industriale e sull'occupazione.
La "quarta via" proposta nello studio, si apprende, potrebbe bilanciare meglio efficienza, competitività, stabilità e sostenibilità: in questo scenario si potrebbero abilitare investimenti fino a 16 miliardi di euro aggiuntivi rispetto allo scenario attuale, e la garanzia della continuità degli investimenti degli operatori porterebbe a benefici tangibili: un aumento della producibilità idroelettrica del 5-10%, una riduzione delle emissioni di CO2 fino a 4,5 milioni di tonnellate, un incremento di 2 punti percentuali di rinnovabili nel mix elettrico nazionale, risparmi fino a 1,1 miliardi di euro per la collettività, la generazione di 18,5 miliardi di euro di PIL addizionale e la creazione fino a 20.800 posti di lavoro aggiuntivi salvaguardando inoltre i posti di lavoro attualmente impiegati nel settore.