La misura della temperatura nei termovalorizzatori

03 giu 2016
In ambito industriale e nel corso degli ultimi anni le MTD (Migliori Tecnologie Disponibili) hanno sensibilmente influenzato le scelte tecnologiche per la misura delle temperature. In particolare, per quelle che possono essere definite come applicazioni critiche, abbiamo assistito ad una notevole evoluzione nel campo della ricerca dei materiali e di applicazioni differenziate per principio di misura

La realtà dei termovalorizzatori ha contribuito ad una spinta in avanti nella ricerca in virtù del fatto che, per la natura del combustibile trattato, si sono dovute sperimentare soluzioni diverse per il raggiungimento di alti standard di affidabilità e qualità delle misure strumentali.

L'impiego di rifiuto come combustibile, per quanto riguarda la misura della temperatura nelle camere di combustione e postcombustione, pone diverse problematiche.

In primo piano si hanno temperature alte e sensibilmente variabili ed in secondo luogo la componente acida dei fumi rappresenta senz'altro una criticità non trascurabile.

Lo strumento più diffuso per la misura in continuo della temperatura in questo tipo di impianti è rappresentato dalla classica termocoppia. Come noto ne esistono diverse tipologie, differenti fra loro in funzione del materiale costituente gli elementi sensibili. La scelta del materiale, quindi della classe, influisce sul range di misura. Nel campo dei termovalorizzatori una delle tipologie più impiegate è rappresentata dal tipo "S", il cui elemento è a base di Platino e Rodio e il range di misura varia da -50 a 1760°C. Sono altresì impiegate sonde del tipo K, R e B.

La scelta del tipo di termocoppia dipende fondamentalmente dal campo di misura. Attualmente la normativa prevede che i termovalorizzatori debbano funzionare a temperature non inferiori a 850°C. Un campo di misura molto ampio, che parta da temperature ambiente, può consentire di gestire correttamente le fasi di avviamento e fermata, transitori di assoluto rilievo soprattutto nei forni con presenza di refrattari.

La scelta del materiale per la custodia della termocoppia è argomento assai delicato. Infatti la variabilità continua delle caratteristiche del rifiuto bruciato e la raccolta differenziata spinta, secondo i trend sociali e politici, portano ad uno sviluppo di gas con concentrazioni di componenti acide altrettanto variabili e con punte molto alte. Inoltre l'alta concentrazione di polveri presenti nei gas contribuiscono a sollecitare meccanicamente le sonde, sia per l'azione abrasiva sia per l'effetto "incapsulamento" dovuto ai bassofondenti che tendono a stratificare sulle superfici, soprattutto quando queste sono costituite da materiale refrattario.

Esistono diversi materiali impiegati per la costruzione delle termocoppie adatte all'utilizzo nei termovalorizzatori: Haynes HR160, K50, Inconel, Hastelloy C276 sono solo alcuni dei nomi commerciali più noti e diffusi. Esistono poi soluzioni basate sull'impiego di materiali ceramici, oggi meno utilizzate a causa dell'elevata fragilità.

Un ulteriore importante aspetto riguardo l'impiego di termocoppie riguarda i tempi di risposta. Infatti nel caso di utilizzo di sonda con giunto isolato, peraltro scelta obbligata in questi casi, unitamente al dimensionamento dello spessore del puntale, l'inerzia termica incide negativamente sul tempo di risposta alla variazione di temperatura arrivando a latenza anche di alcuni secondi.

Se si pensa all'utilizzo di tali misure in un loop di regolazione è facile intuire quali difficoltà ne possono scaturire.

Una delle strategie più utilizzate per uniformare il più possibile la misura di temperatura, compensando quindi derive e latenze, è quella di mediare due o più valori derivanti da diverse termocoppie.

 

La soluzione del pirometro ottico

Premesso che difficilmente in un termovalorizzatore possa rappresentarsi come elemento sostitutivo alle termocoppie, si rileva comunque un sempre più frequente impiego di pirometri ottici per la misura della temperatura in condizioni critiche.

Il principale motivo per cui il pirometro non può completamente sostituire le termocoppie è dato dal range di temperatura che per i più comuni e diffusi modelli parte da 500°C non consentendo quindi di monitorare e gestire tutte le fasi di avvio e fermata di un forno.

D'altra parte troviamo nell'uso del pirometro due enormi vantaggi.

il primo di questi riguarda il dettaglio che non ci sono parti meccaniche a contatto con l'ambiente da misurare. Viene infatti tarata la distanza focale alla quale avviene il rilievo di temperatura.

Il secondo vantaggio è rappresentato dal ridottissimo tempo di risposta della misura, anche inferiore a 100ms. Dettaglio quest'ultimo che rende molto vantaggioso l'impiego dei pirometri in loop di regolazione di tipo feed-forward come elemento anticipatore nell'analisi di processo (vedere fig.1)

Se paragoniamo infatti i tempi di risposta del pirometro a quello delle termocoppie possiamo intuire come l'impiego di entrambe le soluzioni possa rappresentare un'interessante soluzione integrata a vantaggio delle regolazioni e della rappresentatività della misura stessa.

Una corretta progettazione ed installazione del pirometro può significativamente influire sui costi di manutenzione ed esercizio in termini di:

  • impiego di un numero inferiore di termocoppie
  • riduzione dei guasti in relazione allo stress meccanico
  • maggiore continuità di esercizio  
  • regolazioni maggiormente affinate ed efficaci  

 

Pirometri bicolori per misure affidabili, esenti da usura, negli impianti di combustione

L’impiego tradizionale di termocoppie è universalmente previsto negli impianti di combustione e di potenza. Il problema delle termocoppie è la durata di vita limitata dalle alte temperature e dall’atmosfera inquinata dalle fornaci. Poiché le termocoppie non vengono necessariamente distrutte subito ma subiscono errori di misura che derivano gradatamente nel tempo, gli stessi errori non sono riconoscibili immediatamente e possono causare danni significativi al processo di produzione. La deriva è un fenomeno fisico che può essere rallentato ma non può essere completamente eliminato.

I pirometri che rilevano la radiazione infrarossa senza contatto, emessa da un oggetto ad una distanza di sicurezza, non presentano questo problema. Dopo molti anni essi misurano in modo continuativo e ripetibile finché l’ottica rimane pulita e il campo di visione del target non viene ostruito. L’unico limite rispetto alle termocoppie è il loro ristretto campo di misura. Per misurare le temperature i pirometri hanno bisogno di oggetti che generano radiazioni termiche. In un impianto d’incenerimento questi oggetti sono le particelle calde all’interno della condotta d’aria. Il pirometro a radiazione calcola la temperatura dal valore medio che riesce a catturare nell’area di misura. Pertanto, la misura dipende dalla distribuzione e dalla densità delle particelle. Con una bassa densità di particelle ed una parete della fornace più fredda, la misura del pirometro può fluttuare e generare un valore di lettura troppo basso.

Con il nuovo pirometro PK68, basato sul metodo di misura di due colori, la densità della radiazione viene rilevata simultaneamente su due livelli di lunghezza d’onda. Il rapporto dei due valori di radiazione è proporzionale alla temperatura. Il vantaggio di questo metodo di misura è che il pirometro calcola la massima temperatura. Il rapporto viene calcolato dalle due intensità di radiazione misurate. Il valore risultante è proporzionale approssimativamente alla temperatura della superficie misurata

). Il grande vantaggio del pirometro bicolore è che il valore di temperatura rimane ad un livello costante, anche quando la radiazione infrarossa emessa dal target viene ridotta, per esempio, da polvere, vapore o sporcizia presente sul vetro di protezione del pirometro. La temperatura viene misurata correttamente anche con un bassissimo segnale con una riduzione fino al 90%. Pertanto i pirometri bicolore vengono impiegati preferibilmente per applicazioni industriali in ambienti estremi e in condizioni di misura precarie, come negli inceneritori di rifiuti, nei forni rotativi nell’industria cementifera, sui laminatoi, nelle acciaierie o nelle fonderie per misura su metalli liquidi. Una variazione delle proprietà di radiazione del target, per es. il coefficiente di emissività, non ha alcuna influenza negativa sulla temperatura misurata, poiché la variazione è ininfluente rispetto alla lunghezza d’onda.

Grazie a un’elevata risoluzione ottica con un cono di visione stretto, il pirometro compatto PK68 (M30x185 mm) e PKL68, con LED a luce verde di puntamento, possono essere montati facilmente su fornaci nello spazio occupato in precedenza dalla termocoppia. L’accoppiamento a baionetta con uno schermo protettivo integrato, fornito con il kit di montaggio tipo PK21-004, può essere aperto facilmente senza alcun utensile allo scopo di pulire, se necessario, lo schermo verificando anche se l’accesso al forno è otturato. Il kit di montaggio viene fornito con un dispositivo di pulizia aria per minimizzare il rischio di contaminazione.

Il PK68 è equipaggiato con una funzione elettronica di controllo della contaminazione intelligente (SCM = Smart Contamination Monitoring). Un allarme segnala una contaminazione troppo elevata oppure una chiusura eccessiva dello spazio di apertura alla fornace. Ciò permette una pronta reazione in caso di errore e previene danni più seri all’impianto. La sensibilità della funzione di controllo (monitoraggio) può essere impostata tramite tasti sul pirometro. Il livello del segnale può essere monitorato sul display per verificare l’affidabilità del valore misurato.

Il pirometro bicolore PK68 è anche meno sensibile alla contaminazione del vetro di ispezione e reagisce alle variazioni di temperatura entro valori di tempo dell’ordine di 0,01 s.

 

 

Autori: Giancarlo Fazzi, Agostino Farruggia (A.U. FAE S.r.l.)