
Dal 2017 al 22 settembre 2025 registrati 142 eventi con danni legati a una siccità prolungata, di cui il 75% verificatisi solo negli ultimi quattro anni. Perdite economiche stimate di oltre 6 mld.
Urgente adottare in Italia una Strategia Nazionale della risorsa idrica, così come chiesto dall'Europa, che superi la logica dei compartimenti stagni attraverso una gestione integrata e una visione d'insieme. È quanto chiesto da Legambiente, che in occasione della VII edizione del Forum nazionale Acqua, organizzato a Roma in collaborazione con Utilitalia, ha avanzato 10 proposte per fronteggiare i crescenti effetti della crisi climatica sulla Penisola.
Dal 2017 al 22 settembre 2025, secondo quanto analizzato dall'Osservatorio Città Clima di Legambiente, si sono infatti registrati nel nostro Paese 142 eventi con danni legati a una siccità prolungata, di cui il 75% verificatisi solo negli ultimi quattro anni. La stima delle perdite economiche dalla primavera 2022 ai primi mesi del 2023 ammonta a oltre 6 miliardi di euro, e nel 18% dei casi gli eventi hanno comportato anche un provvedimento di restrizione dell'uso di acqua per vari scopi, dal civile all'agricolo, dallo zootecnico all'industriale.
Alluvioni e inquinamento delle acque
Alla poca acqua, continua la nota, si contrappone la troppa acqua, che porta con sé alluvioni e frane: secondo i dati della Protezione Civile sulle ordinanze emesse dal 2013 al 2022 per gli eventi legati al rischio idrogeologico e idraulico, sono stati ben 179 gli stati di emergenza aperti per una ricognizione del danno che supera i 15 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti i danni da decine di miliardi stimati degli eventi alluvionali dell'Emilia-Romagna, Toscana e Marche del 2023.
Sul fronte della qualità delle acque, si legge, sebbene il 75,1% delle acque superficiali e il 70% delle acque sotterranee raggiungano un buono stato chimico, persistono zone di inquinamento critiche e si prevede che per il 2027 il 30% dei corpi idrici superficiali e il 27% circa dei corpi idrici sotterranei non sarà in buono stato chimico. A pesare, spiega Legambiente, è l'inquinamento chimico, come quello causato da nutrienti da agricoltura o dalle acque reflue urbane, le alterazioni idromorfologiche, l'estrazione di acqua, ma anche la presenza di specie aliene invasive che alterano le condizioni ecologiche e fisico-chimiche dei corpi idrici.
Le 10 proposte per una Strategia nazionale
Tra le proposte indirizzate al Governo, l'associazione ambientalista chiede di mettere al centro dell'agenda politica la resilienza idrica dando piena implementazione alla Direttiva Quadro Acque, Direttiva Alluvioni e a tutte le normative collegate alla gestione della risorsa e all'adattamento ai cambiamenti climatici, a partire dall'emanazione del D.P.R. che regolamenterà il riutilizzo per i molteplici usi irrigui, industriali civili e ambientali, armonizzando la normativa vigente e permettendo ai gestori un quadro normativo stabile e coerente.
Secondo Legambiente, è fondamentale uscire dalla logica emergenziale con Piani anti alluvione e Piani per la gestione della siccità che vanno condivisi tra istituzioni e comunità locali, integrando buone pratiche, competenze scientifiche ed eccellenze tecnologiche, oltre a ridurre i consumi, migliorare l'efficienza idrica e promuovere una strategia di mitigazione delle immissioni di inquinanti, ad esempio a livello agricolo utilizzando l'agricoltura biologica e integrata di alto livello, oppure relativamente all'inquinamento da FPAS proseguendo i lavori verso il bando universale.
Necessario inoltre, si legge, rafforzare controllo e monitoraggio sull'uso e sugli scarichi nei settori agricolo, industriale ed edilizio, ma anche rilanciare a livello nazionale e su scala locale la costruzione e l'adeguamento e/o messa in regola dei sistemi fognari e di depurazione migliorando l'intero sistema di gestione con piena attuazione della nuova Direttiva 2024/3019. In caso contrario, avverte Legambiente, il Paese continuerà a pagare caro gli effetti e i danni legati a siccità, alluvioni e inquinamento delle acque.
Perdite e costi economici
Secondo uno studio del 2025 condotto dall'Università di Mannheim e della Banca Centrale Europea e riportato da Legambiente, la siccità dell'estate 2025 costerà all'Italia una perdita complessiva di 6,8 miliardi di euro nel 2025, che salirà a 17,5 miliardi di euro nel 2029, costi che si aggiungono ai 210,5 milioni di euro già pagati in multe dall'Italia per inadempimenti rispetto alla Direttiva Acque Reflue e ai circa 300 milioni per le restanti penalità da corrispondere fino al 2030.
Sul fronte della prevenzione al dissesto idrogeologico, si legge, dal 1999 al 2024 sono stati 20,48 i miliardi di euro spesi per 25.903 interventi relativi alla mitigazione del dissesto idrogeologico, soldi destinati alla prevenzione e che hanno visto portare a termine ben il 35,7% dei lavori previsti, ossia 9.247 su 25.903 per un importo di spesa di circa 5,57 miliardi, ma che al momento sono risultati essere meno efficaci di quanto atteso, visto l'aumento del rischio idrogeologico nel corso degli ultimi decenni.
I commenti
"La resilienza idrica deve essere messa al centro dell'agenda politica italiana, con i principi fondamentali richiamati dalla Strategia europea di ridurre i consumi e migliorare l'efficienza. Una strategia che è stata definita in alcuni casi ambiziosa ma non incisiva a causa della mancanza di target vincolanti, ma che non per questo manca di mettere a sistema gli aspetti e i settori rilevanti per il cambiamento necessario a migliorare la gestione delle risorse idriche. Le nostre proposte indicano una direzione chiara da intraprendere per rendere il ciclo integrato e resiliente delle acque uno dei pilastri su cui costruire il Clean Industrial Deal made in Italy che serve al nostro Paese", dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente.
"Gli effetti dei cambiamenti climatici sono ormai una nuova normalità alla quale dobbiamo abituarci. La resilienza idrica è diventata quindi un tema centrale per le azioni delle utilities, che si sviluppano lungo tre filoni principali. Il primo riguarda la manutenzione e la realizzazione di nuovi invasi; il secondo concerne le interconnessioni tra gli schemi acquedottistici; c'è poi il tema delle risorse idriche complementari. Il PNIISSI va proprio in questa direzione, includendo un elenco di progetti per un valore complessivo pari a circa 12 miliardi di euro che riguardano interventi su invasi, derivazioni, adduzioni e acquedotti", spiega Annamaria Barrile, direttore generale di Utilitalia.