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Redazione Watergas.it
- Aziende e settori industriali
Un mercato, quello italiano del movimento terra, che non riparte, che anzi ristagna in un assetto di recessione, nonostante i positivi segnali di ripresa che presenta il settore nel contesto europeo: è questa, attualmente, l’istantanea che ritrae il panorama del comparto macchine movimento terra nella penisola. Ad Alberto Caletti, Amministratore Delegato di Komatsu Italia, abbiamo chiesto non solo un’analisi più esaustiva di tale situazione ma anche le ragioni del mancato “risveglio” del settore nel territorio italiano, nonché un’ipotesi su quelli che, probabilmente, saranno i trend che caratterizzeranno questo comparto nell’arco dei prossimi tre anni.
“Ad oggi – ha esordito Alberto Caletti – il mercato globale del movimento terra evidenzia uno spostamento del proprio polo nevralgico verso Cina, Asia e Oceania, aree che si stanno sviluppando in modo esponenziale, tanto da assorbire già il 50% della domanda complessiva. Parallelamente a tale scenario, abbiamo osservato, da inizio 2011, un’Europa ancora in difficoltà ma contraddistinta al contempo da alcune importanti positive situazioni: pur rappresentando infatti complessivamente il nostro continente una percentuale non elevata della domanda mondiale (7%), non possono passare inosservati i risultati messi a segno nei primi mesi dell’anno in corso (confrontati allo stesso periodo del 2010) dalla Germania (+87%), dalla Francia (+49%), dall’Inghilterra (+24%), dalla Polonia (+74%) o dalla Svezia (+54%). ”
“Scendendo nello specifico ed andando ad esaminare il mercato italiano – ha asserito l’AD di Komatsu Italia – nel primo quadrimestre del 2011 si è riscontrato un ulteriore calo del 15,3% in termini di unità vendute (2.477) rispetto al medesimo lasso temporale dell’anno prima; una caduta, quest’ultima, che si va ad aggiungere alla drastica riduzione avvenuta negli anni immediatamente precedenti, rispetto all’assetto pre-crisi del 2007. Rendendo più esplicito il concetto, la domanda globale del mercato movimento terra in Italia è scesa oggi ai livelli del 1996, il che significa, in soli 3 anni, essere tornati indietro di 15. L’Italia appare in sostanza l’ultima delle economie europee in termini di ripresa del mercato, con un’ipotesi di crescita peraltro non chiara.”
“Nel nostro paese – ha aggiunto Alberto Caletti – la struttura economica della filiera delle costruzioni ha pesantemente influenzato il mercato macchine movimento terra, e, all’interno di tale filiera, possiamo affermare che il nostro settore è quello che ha sofferto maggiormente. Sono sufficienti pochi dati a testimonianza di tutto ciò: relativamente all’anno 2009, se il sistema delle costruzioni ha registrato una flessione dell’11%, la produzione di macchine per il movimento terra ha riscontrato un calo del 53% e il commercio di macchine per il movimento terra, da cantiere e per l’edilizia è stato protagonista di una caduta del 42%.”
“Due sono i fenomeni che hanno messo in ginocchio il nostro comparto in Italia – ha sostenuto l’Amministratore Delegato di Komatsu Italia. Innanzitutto, l’assenza degli investimenti in infrastrutture ed appalti: nel 2009, il governo aveva presentato un piano di interventi da 18 miliardi di euro del quale, in concreto, si è riversato ben poco. Secondo i dati Cresme, la realizzazione delle opere previste è in drammatico ritardo e a mancare, in questa prima fase del 2011, sono soprattutto le grandi opere, quelle che in passato hanno tenuto a galla il settore delle opere pubbliche. I bandi del valore superiore ai 50 milioni sono stati soltanto otto, vale a dire la metà rispetto allo stesso periodo del 2010. Nemmeno il Piano Casa ha portato benefici in quanto, al di là di un’ottima accoglienza in Veneto (dove sono state 23.000 le domande presentate), è stato poco recepito nelle altre regioni e, a livello generale, non è perciò decollato. Il secondo fenomeno da evidenziare è poi senz’altro la crisi della piccola impresa, quella che, sino a pochi anni addietro, costituiva il perno dell’economia nazionale. Se ci soffermiamo sulla struttura produttiva delle imprese da costruzione in Italia, è impossibile non notare come, negli ultimi anni, essa sia stata oggetto di un deciso ridimensionamento. Nel 2010, le procedure fallimentari aperte nel settore delle costruzioni sono state molteplici (+14,7% rispetto al 2009), anche se in rallentamento rispetto al 2008, e vorrei sfatare l’opinione erronea, per quanto comune, che il fenomeno abbia coinvolto solo o soprattutto il sud. A conferma di ciò si possono citare i casi emblematici di tre regioni: se in Piemonte e in Toscana il totale delle imprese fallite ha registrato rispettivamente un +13,3% e un +42,5% (confrontati all’anno precedente), in Campania il tasso percentuale di variazione è stato molto più modesto: +11%.”
“Ai fini di una miglior comprensione del nostro stato di arretratezza attuale, rispetto alla primavera che sta vivendo il comparto in alcuni stati europei, è poi importante citare un altro dato: il primo costruttore italiano per dimensioni è al 29° posto all’interno della classifica dei primi 30 gruppi europei per fatturato 2010. Se approfondiamo l’analisi e andiamo a esaminare i fatturati nello specifico, ci troviamo di fronte a differenze piuttosto loquaci e rappresentative: se il francese Vinci è al primo posto con un giro d’affari di 34 miliardi, l’italiana Impregilo, come già detto in 29° posizione, presenta un fatturato di 2 miliardi di euro, vale a dire di oltre 10 volte inferiore ai leader.”
“Considerando questo panorama e contestualizzandolo con alcuni altri dati – un PIL che è tornato a crescere ma in maniera modesta e ben al di sotto delle previsioni, un debito pubblico che continua ad aumentare e un accesso al credito ormai sempre più ristretto – è difficile immaginarsi un mercato in ripresa nei prossimi tre anni. Il nostro non potrà essere un comparto in espansione perché, per quanto possa ripartire la macchina degli investimenti produttivi, non è pensabile tornare ai volumi di vendita del 2007; i limiti della nostra attuale situazione economica sono troppo marcati ed evidenti perché siano cancellati in pochi anni. Ne serviranno molti di più per risalire a un pareggio di bilancio, e a condizione che lo sviluppo economico si attesti almeno sui 2-3 punti percentuali, cosa che adesso non sta avvenendo. Bisogna inoltre sperare che i grandi colossi europei non riescano a entrare tra i protagonisti di Expo 2015, fatto che metterebbe l’Italia in ulteriore difficoltà.”
“Tornando alle imprese invece, come detto precedentemente, molte sono fallite e molte altre soffriranno se non riusciranno ad aggregarsi in una struttura di media-impresa. Se questo accadrà, le aziende di macchine movimento terra non si rivolgeranno più, come in passato, a 50.000 imprese ma a molte meno. Va da sé inoltre che quelle che resteranno, quelle cioè che saranno riuscite a salvarsi, denoteranno un livello di competenza e di professionalità molto elevato.”
Di fronte a un mercato tanto differente, sembra ovvio che anche i produttori dovranno mutare la loro offerta, nonché la sostanza della relazione col cliente.
“I distributori dovranno necessariamente cambiare – ha confermato Alberto Caletti – perché, trovandosi a servire imprese non solo di dimensioni più ampie ma soprattutto più qualificate, dovranno divenire essi stessi più preparati e capaci di offrire ben più che un semplice buon prodotto. Tutti gli investimenti che sta concretizzando Komatsu vanno già ora in questa direzione: fornire al cliente un prodotto non solo tecnologicamente sempre più avanzato (presto introdurremo nuove macchine e soprattutto i nuovi motori Stage IIIB) ma affidabile, correttamente manutenuto e a basso impatto ambientale; mettere a disposizione dei clienti una serie di strumenti, dai finanziamenti alle formule di servizio, solo per citarne alcuni, che permettano il passaggio dal dualismo cliente-fornitore a un rapporto sinergico di partnership. In quest’ottica, Komatsu continuerà ad esempio a puntare sul sistema di controllo satellitare Komtrax: un dispositivo elettronico che, sfruttando le reti satellitari GPS ed Orbcomm, è in grado di monitorare costantemente le funzioni e lo stato delle macchine mentre queste lavorano e di segnalare eventuali anomalie, ottimizzando così l’attività di prevenzione sulla manutenzione delle macchine, garantendo nel tempo la massima efficienza operativa e sicurezza per l’operatore nonché riducendo i costi d’esercizio.”
All’Amministratore Delegato di Komatsu Italia, abbiamo inoltre chiesto come ha reagito l’azienda al disastro ambientale che ha colpito il Giappone lo scorso marzo.
“Fortunatamente – ha spiegato Alberto Caletti – l’area che ha subito maggiori danni non è quella più strategica per Komatsu, fatta eccezione per Ibaraky, dove l’azienda ha uno dei suoi più importanti stabilimenti. Komatsu ha comunque saputo reagire velocemente alla situazione, delineando un mirato piano riorganizzativo. Per queste ragioni, le conseguenze dell’evento non sono state devastanti e non dovrebbero esserci ritardi nelle forniture, così come ha assicurato Akira Sugiki, Amministratore Delegato di KEISA, intervenuto di recente al Dealers Meeting Komatsu Italia. Proprio in quell’occasione, Sugiki ha tra l’altro espresso un importante concetto inerente il ruolo dell’Italia nel contesto dello scenario Komatsu in Europa: il CEO ha evidenziato infatti come, nonostante la crisi, anche con gli attuali non elevati volumi, l’Italia resti un paese determinante per Komatsu, il quarto per importanza su scala europea.”
“L’obiettivo di Komatsu Italia – ha concluso l’AD – è ora quello di tornare a crescere, insieme alla propria rete vendita. Ai nostri Dealer offriremo tutto il supporto formativo, a livello tecnico ma anche imprenditoriale, per affrontare questo cambiamento e far sì che essi si possano qualificare ulteriormente, riuscendo a competere sul mercato. Con loro e attraverso loro, sapremo offrire a un cliente sempre più esigente ed attento alle scelte effettuate, una maggior efficienza, un’ulteriore vicinanza – in termini di consulenza, attività e servizio – una più solida competenza e servizi sempre ai vertici dell’eccellenza.”