Dal webinar organizzato da Amici della Terra in collaborazione con l'EDFE l'appello a fissare standard e criteri condivisi per il monitoraggio delle perdite senza ostacolare gli investimenti. Articolo di Daniela Marmugi
Monitorare e contrastare le emissioni climalteranti derivanti dalla filiera dell'idrogeno senza compromettere lo sviluppo di un vettore chiave per la transizione energetica. È questo il messaggio principale emerso nel corso del webinar di Amici della Terra, organizzato in collaborazione con l'Environmental Defense Fund Europe (EDFE) e intitolato "Strategie per la riduzione delle emissioni di idrogeno".
Il tema dell'idrogeno, ha sottolineato in apertura Massimo Micucci dell'EDFE, sta attualmente vivendo un periodo di particolare "hype comunicativo", con la presentazione continua di nuovi progetti, esperienze, innovazioni e percorsi di sviluppo. Questa tecnologia, ha spiegato, può essere determinante per la decarbonizzazione dei settori hard-to-abate, dove l'elettrificazione è complessa.
Tuttavia, ed è un elemento ancora poco considerato all'interno della normativa, lo stesso idrogeno potrebbe avere un effetto climalterante fino a 37 volte superiore alla CO₂ se disperso in atmosfera: da qui l'esigenza di fissare standard e criteri di monitoraggio, oggi ancora insufficienti persino negli standard ISO, per garantire che una risorsa definita pulita lo sia davvero.
Il rapporto "Strategie per la riduzione delle emissioni di idrogeno"
A seguire la presentazione, da parte di Carlotta Basili, coordinatrice dell'H₂ Forum, del rapporto "Strategie per la riduzione delle emissioni di idrogeno", uno dei primi tentativi di analizzare nel contesto italiano un tema ancora poco considerato come quello degli effetti potenzialmente negativi per l'ambiente di questo vettore.
Il documento sottolinea come, nonostante le ingenti risorse stanziate dal PNRR (quasi 3 miliardi di euro), il riconoscimento dell'idrogeno nel PNIEC 2024 e l'adozione di una Strategia Nazionale per l'Idrogeno, la filiera italiana resti ancora agli inizi. Ad oggi, infatti, il 95% dell'idrogeno risulta ancora prodotto da fonti fossili, mentre i progetti per la produzione di idrogeno blu e verde restano marginali e le applicazioni energetiche e per la mobilità ancora limitate.

Nel dettaglio, il rapporto censisce oltre 50 progetti di Hydrogen Valley, 43 stazioni di rifornimento stradale e 10 sperimentazioni ferroviarie, ma segnala al contempo ritardi, costi elevati, infrastrutture ancora immature e soprattutto l'assenza di una regolazione per il monitoraggio delle emissioni di idrogeno.

"L'idrogeno non è un gas serra diretto ma la sua dispersione in atmosfera può amplificare gli effetti di altri gas. Senza strumenti di misura e policy dedicate, è impossibile valutarne il reale bilancio climatico", ha spiegato Basili.
Tra ricerca e nuove strategie
A prendere la parola è stato poi Marcello Capra del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), ricordando come l'attuale Strategia Nazionale per l'Idrogeno, pubblicata nel novembre 2024, non affronti al momento il tema delle emissioni, che dovrà dunque essere integrato nei prossimi aggiornamenti.
Nel corso del suo intervento, Capra ha poi fatto una panoramica dei progetti finanziati per la ricerca e lo sviluppo dell'idrogeno: attualmente sono 58 i progetti finanziati dal PNRR per una potenza di elettrolizzatori da 107 MW e di FER da 219 MW. Sempre sul tema della ricerca, ha richiamato anche all'iniziativa "Mission Innovation", lanciata alla COP21 di Parigi per raddoppiare la spesa pubblica in tema di green technologies.
Sul fronte europeo, Alessandro Arrigoni del Joint Research Centre (JRC) ha illustrato i programmi della Commissione europea dedicati allo studio del potenziale di riscaldamento globale dell'idrogeno. Dal 2022, il JRC coordina ricerche e bandi per analizzare i meccanismi di dispersione e migliorare i modelli di calcolo del potenziale radiativo. "Le perdite di idrogeno possono ridurre drasticamente i benefici climatici. Servono dati misurabili e standard condivisi", ha sottolineato.
Daniela Romano di ISPRA ha poi reso noto che, per la prima volta, l'IPCC includerà una sezione dedicata alle emissioni di idrogeno nelle linee guida per gli inventari nazionali dei gas serra, con una prima bozza prevista per gennaio 2026 e approvazione nel 2027. Secondo Romano, il tema della valutazione del reale peso dell'idrogeno come climalterante indiretto è un lavoro molto complesso, ma individuare il parametro che rappresenta il suo potenziale di riscaldamento globale è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi ambientali.
Stefano Cagnoli del CIG ha poi sottolineato come le attività relative alle methane emissions abbiano una diretta influenza anche sulla questione delle emissioni di idrogeno, poiché riguardano anche il tema del blending: la ricerca in questo ambito, ha spiegato, ha infatti reso evidente quanto sia importante definire metodi uniformi per la misurazione delle fughe.
Innovazione, dal progetto Nhyra ai nuovi sensori
Un contributo tecnico rilevante è arrivato da Valerio Palmisano dell'ENEA, con l'illustrazione del progetto Nhyra, dedicato alla quantificazione delle emissioni lungo l'intera catena dell'idrogeno. Lo studio, sviluppato con partner scientifici come FBK, analizza tre principali sistemi logistici, ovvero gassoso, liquido e misto, e le relative perdite (fino al 12% per l'idrogeno liquido, circa 4–5% per quello gassoso).

È in corso lo sviluppo di un tool open access per stimare le emissioni e valutare scenari di mitigazione: dalle nuove leghe anti-permeazione ai sensori avanzati, fino all'uso di droni e al monitoraggio satellitare. Tra le iniziative del progetto anche la formazione degli operatori e un adeguato supporto regolatorio e di incentivi.
Le associazioni: necessario equilibrio tra cautela e sviluppo
Nella sessione conclusiva, le associazioni di categoria hanno espresso un approccio più bilanciato, volto a conciliare il bisogno di tutela ambientale con la tenuta economica del settore.
Giuliana Rotta di Proxigas, ricordando i molti progressi italiani nella riduzione delle emissioni climalteranti attraverso il monitoraggio delle perdite, la sostituzione delle reti e politiche di regolazione, ha sottolineato l'interesse del settore per l'idrogeno in blending con il gas naturale per la valorizzazione delle infrastrutture esistenti.
A sollevare i primi dubbi è stato l'intervento di Giorgio Pierozzi di Assogastecnici, che ha espresso la preoccupazione che un'eccessiva enfasi sulle emissioni possa compromettere gli investimenti in una fase ancora embrionale della filiera. Il settore, ha spiegato, sta al momento affrontando numerose difficoltà, e l'anticipazione di eventuali criticità legate alle perdite potrebbe frenarne ulteriormente lo sviluppo.
Facendo eco all'intervento precedente, Francesco Vitolo di Utilitalia ha sottolineato che la sfida consiste nel trovare un punto di equilibrio tra regolazione e sviluppo. "Una normativa troppo severa rischia di frenare la crescita, ma una troppo permissiva può vanificare i benefici ambientali. Serve una regolazione a scorrimento, che si adatti alla maturità del mercato", ha commentato.
In sintesi, dall'incontro emerge un messaggio condiviso: l'idrogeno potrà essere un pilastro della transizione energetica solo se sarà gestito con trasparenza, basi scientifiche solide e regole comuni.
Articolo di Daniela Marmugi

