Secondo il CEO Marangoni, mettere mano a un progetto di rinnovamento degli impianti vale oggi fino a 15 mld in dieci anni, con un aumento medio della producibilità compreso tra il 10% e il 20%.
Occorre risolvere il nodo delle concessioni idroelettriche per rilanciare gli investimenti e l'occupazione. A dirlo è l'economista Alessandro Marangoni, CEO di Althesys (TEHA Group), in occasione di Aquawatt che si è svolta a Piacenza.
Mettere mano a un progetto di rinnovamento degli impianti, spiega Marangoni, vale oggi fino a 15 miliardi in dieci anni, con un aumento medio della producibilità compreso tra il 10% e il 20%, nell'idea di preservare un patrimonio che per l'intero parco idroelettrico italiano si aggira tra i 35 e 50 miliardi di euro. Notevoli anche le ricadute sul sistema socioeconomico: 3,2 miliardi annui per l'economia con la creazione di 16.500 posti di lavoro.
Nel dettaglio, si legge in una nota di Althesys, l'86% delle concessioni di grandi derivazioni è già scaduto o scadrà entro il 2029. In uno scenario no-action si registrerebbe una perdita pari al 30% della produzione al 2040.
"L'idroelettrico è strategico per il sistema energetico italiano, sia in termini di sicurezza energetica, garantendo in linea teorica un risparmio fino a 3 miliardi di euro rispetto al gas, sia per la stabilità del sistema attraverso gli accumuli assicurati dai pompaggi", ricorda Marangoni.
I numeri del settore
Dai dati presentati dall'economista emerge come l'idroelettrico si confermi elemento chiave per il settore elettrico: in Italia sono presenti 4.907 impianti per una potenza efficiente lorda di 19,6 GW. Nel 2024 il segmento ha rappresentato il 19% della capacità produttiva elettrica totale e il 40% di quella rinnovabile.
Il problema che oggi deve affrontare l'industria idroelettrica, continua la nota, è il bivio tra necessità di rilancio e rischi di declino: l'età media delle centrali idroelettriche è infatti superiore agli 80 anni (oltre la metà della capacità risale a prima del 1960) con necessità di interventi di ammodernamento per mantenere le attuali potenzialità produttive. Si registra una progressiva perdita di producibilità tra il 20 e il 35%: da 3 mila-3.200 ore di produzione l'anno del 2000 alle attuali 2 mila-2.500 ore l'anno.
Negli ultimi 20 anni, si legge, è scesa la capacità di invaso a causa, tra l'altro, del cambiamento climatico, della competizione con gli altri utilizzatori dell'acqua come l'agricoltura, delle limitazioni imposte alla manutenzione straordinaria e per il dragaggio degli interrimenti dei bacini.
"Sbloccare le concessioni significa affrontare l'anomalia tutta italiana nel panorama Ue per cui non c'è reciprocità della regolazione sulle concessioni tra le diverse nazioni. Occorre anche garantire all'operatore uscente il rientro di tutti gli investimenti già realizzati e che la durata delle concessioni/autorizzazioni sia coerente con gli investimenti da realizzare", ha concluso Marangoni.

