L'analisi dell'organizzazione ha evidenziato come la domanda di biocarburanti per auto, aerei e navi, al 2050, sarebbe tra le 2 e le 9 volte superiore a quanto possibile produrre in modo sostenibile, e porterebbe le importazioni europee al 90%. T&E: "Impiegare i pochi biofuels sostenibili per decarbonizzare aviazione".
Prevedere la possibilità della vendita di auto endotermiche, alimentate con biocarburanti, anche dopo il 2035 – ipotesi sostenuta prima dello scorso Consiglio UE e poi sostenuta dal Governo italiano – richiederebbe di modificare l’attuale Regolamento UE che dal 2035 permette solo auto a zero emissioni e provocherebbe una domanda insostenibile di biofuel.
I biocarburanti, ricavati soprattutto da scarti importati e già scarsi, non basterebbero: estenderne l’uso alle auto comporterebbe, entro il 2050, un fabbisogno fino a nove volte superiore alla disponibilità sostenibile. È quanto evidenziato da una nuova analisi di Transport & Environment (T&E), organizzazione europea per la decarbonizzazione dei trasporti.
Scarsità di biofuels e settori Hard to Abate
Le conseguenze di una decisione simile – si legge in una nota di T&E – sarebbero due: consolidare il mercato di fonti fossili per il settore dell’auto e “sprecare” le limitate quantità di biocarburanti avanzati, fondamentali per i settori cosiddetti Hard to Abate, come l’aviazione, dove la decarbonizzazione è più difficile. Secondo gli attuali target UE, infatti, nel 2050 aerei e navi richiederanno circa il doppio dei biocarburanti avanzati che sarà possibile produrre in Europa.
La posizione dell'industria
La lobby automobilistica tedesca (VDA), l'associazione dei fornitori automobilistici (CLEPA) e un gruppo di 28 aziende e associazioni del settore dei carburanti hanno inviato una comunicazione alla Commissione europea, chiedendo che i veicoli che utilizzano biocarburanti possano essere considerati come a emissioni zero, anche dopo il 2035.
ACEA, l'associazione dei carmaker europei, ha chiesto una "implementazione pragmatica" delle norme, che consenta l’immatricolazione di nuove vetture alimentate con carburanti a zero emissioni di carbonio anche oltre il 2035.
Le parole dei rappresentanti di T&E
Secondo quanto dichiarato dall’organizzazione nel comunicato, per la transizione esiste già una tecnologia matura ed efficiente: l’auto elettrica. Puntare solo sui biofuels, invece, avrà come conseguenza quella di indebolire l’industria europea sui mercati globali.
“Le pressioni dell’industria per espandere il ruolo dei biocarburanti nella transizione sono irresponsabili: non disporremo mai di quantità di grassi animali e oli da cucina esausti sufficienti per alimentare in modo sostenibile neppure una frazione del parco auto europeo, e ancor meno per navi e aerei”, ha affermato Carlo Tritto, Sustainable Fuels Manager di T&E Italia.
Secondo Tritto, i biofuels rappresenterebbero un problema anche per la qualità dell’aria. Quando bruciati nei motori, infatti, producono elevate quantità di inquinanti locali tossici, con gravi effetti per la salute umana e ingenti costi sanitari.
T&E sottolinea inoltre come l’Italia, in materia di inquinamento atmosferico, abbia già ricevuto tre procedure di infrazione dall’UE, con due di queste tradotte in condanne dalla Corte di Giustizia.

Insufficienza dei biocarburanti sostenibili
I biocarburanti avanzati – si legge nella nota – sono limitati e spesso insufficienti, in termini di disponibilità dei feedstock, nel mercato interno. L’Europa, oggi, importa più dell’80% del proprio fabbisogno di olio da cucina usato da Paesi come Cina e Malesia.
Il POME, un sottoprodotto dell’olio di palma, viene importato dall’UE, insieme al Regno Unito, in volumi circa doppi rispetto al potenziale globale.
Attualmente i grassi animali, “scarto” dell’industria zootecnica, sono tra i feedstock più richiesti: con l’attuale domanda, le auto europee ne consumano 1,3 milioni di tonnellate, equivalenti ai grassi prodotti dal macello di 200 milioni di maiali.
Dipendenza europea dalle importazioni e rischio di frodi
T&E stima che oggi circa il 60% dei biocarburanti utilizzati in Europa – sia quelli ottenuti da colture sia quelli avanzati – provenga da Paesi terzi.
Per l’Italia tale dipendenza è anche più netta (superiore al 90%), con la gran parte delle materie prime importate da Indonesia e Malesia. La domanda ulteriore di biofuels, generata dal potenziale impiego nelle auto, porterebbe le importazioni europee al 90% entro il 2050.
L'aumento della dipendenza dall'estero – conclude il comunicato – comporta anche un maggiore rischio di frodi. T&E ha documentato in diverse occasioni significative discrepanze nei volumi dichiarati di oli esausti importati in Europa. Ad esempio, l'UE importa dalla Malesia un volume di olio esausto da cottura tre volte superiore a quanto il Paese può realisticamente raccogliere. Un'ulteriore inchiesta ha messo in luce una potenziale frode nell'etichettatura degli effluenti dei mulini dell’olio di palma (POME), la cui quantità esportata dall’Indonesia in Europa supererebbe la produzione globale stimata.

