L'Italia punta a 5,7 miliardi di metri cubi all'anno entro il 2030 grazie a 1,9 miliardi di euro di investimenti PNRR. L'Europa punta sul biometano per centrare gli obiettivi climatici del 2030, ma la corsa è appena iniziata.
Per la piena realizzazione degli obiettivi ambientali previsti per il 2030 necessario un deciso rafforzamento delle strategie nazionali, con politiche stabili e semplificate per colmare il divario con il target europeo. È quanto emerso da un'analisi sull'evoluzione del mercato europeo del biometano realizzata da BIP, attraverso la Business Unit Energy & Utilities.
Nel dettaglio, si legge nello studio, la produzione complessiva in Europa ha superato i 4,2 miliardi di metri cubi, a fronte dei 35 miliardi all'anno previsti. Tra i Paesi europei, l'Italia si distingue tra i Paesi più dinamici e promettenti, con una fase di crescita senza precedenti avviata tra il 2024 e il 2030, fino a poter diventare il secondo produttore europeo di biometano dopo la Germania.
PNRR e situazione italiana
Il PNRR, continua lo studio, ha mobilitato 1,9 miliardi di euro (DM 09/2022), con contributi fino al 40% degli investimenti e tariffe incentivanti per 15 anni. Le nuove capacità in corso di sviluppo ammontano a 240.000 Smc/h, equivalenti a circa 2,3 miliardi di metri cubi di biometano all'anno.
A fine 2023, si legge, la produzione italiana si assestava a 6,3 TWh/anno (0,59 miliardi di metri cubi), ma secondo gli obiettivi del PNIEC potrà raggiungere 5,7 miliardi di metri cubi all'anno entro il 2030.
Come spiegato da BIP, un elemento distintivo del modello italiano è la riconversione della filiera agricola: circa il 50% dei progetti autorizzati nasce da impianti biogas esistenti, garantendo tempi di realizzazione rapidi e massima efficienza nell'uso delle infrastrutture.
Le scadenze iniziali del PNRR prevedevano l'entrata in esercizio degli impianti entro il 30 giugno 2026, pena la perdita del contributo a fondo perduto del 40%: la rinegoziazione con la Commissione Europea ha permesso di salvaguardare oltre un miliardo di euro di fondi e di ridurre la pressione su supply chain e investitori.
Le prospettive in Europa
Nel resto d'Europa emergono traiettorie diversificate.
La Germania, rivela lo studio, consolida il proprio ruolo di leader europeo con circa 260 impianti di biometano e una produzione che supera i 13 TWh/anno (1,22 bcm/anno): il suo successo deriva da incentivi stabili, un'ampia rete di distribuzione, che consente l'immissione diretta del biometano prodotto dall'80% degli impianti, e una filiera tecnologica consolidata.
La Francia, con 652 impianti operativi a fine 2023 e 0,85 bcm/anno di produzione, cresce a ritmo più graduale, mentre il Regno Unito mostra segnali di stagnazione, dopo l'interruzione del Renewable Heat Incentive.
Tra i mercati emergenti, spiccano la Spagna, sostenuta da 4,8 miliardi di euro di finanziamenti BEI per circa 50 nuovi impianti, e la Danimarca, che ha programmato oltre 3,1 miliardi di euro di investimenti pubblici entro il 2030 e con una produzione pari a 0,69 bcm/anno a fine 2023.
La Polonia ha invece avviato un piano da 4 miliardi di euro per nuovi impianti e semplificazioni regolatorie entro il 2030, con l'obiettivo di sfruttare il proprio elevato potenziale agricolo e industriale.
Gli scenari secondo BIP
"Il biometano è una leva strategica sottoutilizzata, essenziale non solo per la transizione energetica, ma anche per la competitività industriale e la sicurezza degli approvvigionamenti," commenta Luca Martignoni, Partner BIP.
"La nostra analisi evidenzia che dove le politiche sono stabili e coordinate, come in Italia o in Germania, gli investimenti crescono rapidamente e il settore evolve verso la scala industriale. Nei prossimi due anni sarà decisivo agire su semplificazione, interoperabilità dei sistemi di garanzie d'origine e infrastrutture, per consentire all'Europa di trasformare il proprio potenziale in realtà produttivi", ha aggiunto Martignoni.
Secondo BIP, i prossimi due-tre anni rappresentano una finestra cruciale per completare i meccanismi di sostegno, accelerare gli iter, costruire un quadro regolatorio stabile e coordinato e mettere a terra le infrastrutture necessarie: solo in questo modo l'Europa potrà rendere credibile l'obiettivo dei 35 miliardi di metri cubi annui e costruire una filiera solida, autonoma e realmente competitiva su scala internazionale.

