Microinquinanti e contaminanti emergenti

14 giu 2018
Alta risposta di pubblico (oltre 190 partecipanti) al Convegno organizzato nei giorni 11 e 12 giugno, al Politecnico di Milano dove si è fatto il punto sul tema

Un fattore ambientale scottante sul piano scientifico e normativo ma ancora poco discusso dai media che riguarda molti comportamenti quotidiani. Dalle testimonianze, soluzioni e visioni presentate nella due giorni, emerge l’importanza di conoscere le fonti dell’inquinamento e la consapevolezza che la soluzione tecnologica da sola non è sufficiente. Necessario investire sulla cultura del territorio e lavorare sulla circolarità delle relazioni e azioni tra tutti i soggetti.

Milano, 13 giugno 2018 – Si è concluso con una tavola rotonda la due giorni di convegno sul tema “Microinquinanti emergenti” che ha visto una folta (oltre 190 partecipanti) e qualificata partecipazione di rappresentanti di imprese, ricercatori, dottorandi e laureandi e rappresentanti di autorità locali.

A distanza di più di quattro anni dal primo convegno organizzato dal Politecnico di Milano nel febbraio 2014 (http://www.dica.polimi.it/mie) un gruppo di Enti di ricerca: Politecnico di Milano DICA, Consiglio Nazionale delle Ricerche IRSA, Università degli Studi di Milano Bicocca DISAT unitamente alla Lariana Depur, nell’ambito delle attività promosse da Lombardy Energy Cleantech Cluster (LE2C) attraverso l’Area di Competenza “Water Energy Nexus”, ha ritenuto che fosse il momento di promuovere -con il contributo di De Nora, MM Academy, Xylem, Veolia e Gruppo CAP- una ulteriore riflessione, organizzando il convegno “Microinquinanti e contaminanti emergenti” per analizzare il rischio, la presenza ed evoluzione nelle acque naturali, il ruolo delle istituzioni, le norme e la loro evoluzione a livello lombardo, nazionale ed europeo.

I contaminanti emergenti sono da oltre un paio di decenni oggetto di attenzione da parte della comunità scientifica e, più di recente, degli organi di pianificazione e controllo, sia a livello europeo che nazionale. Nuove sostanze o classi di sostanze (farmaci ad uso umano e veterinario, distruttori endocrini, composti perfluorurati ed altri) vengono progressivamente individuate giungendo ad annoverare oltre 2700 composti, come nel recente rapporto tecnico del Joint Research Centre della Commissione Europea (EUR 28925, 2017).

Il convegno si è svolto immediatamente a valle l’entrata in vigore (31 maggio 2018) del Regolamento REACH (Regolamento (CE) 1907/2006), il sistema integrato di registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche che mira ad assicurare un maggiore livello di protezione della salute umana e dell'ambiente. Circa 30.000 sostanze e prodotti chimici dovranno infatti essere soggetti ad un esame sulla loro pericolosità e inseriti in un database comune a tutti gli Stati membri dell’Unione Europea. Queste sostanze rappresentano solo una parte delle diverse migliaia di sostanze chimiche potenzialmente contaminanti le acque, i sedimenti e il biota di fiumi, laghi e mare che sono state già prodotte. Il REACH, infatti, si applica a tutte le sostanze chimiche: non solo a quelle utilizzate nei processi industriali ma anche a quelle che vengono adoperate quotidianamente nei detergenti, nelle vernici, e quelle utilizzate per i tessuti degli abiti, per i mobili e gli elettrodomestici.

Il convegno, muovendo da una visione regionale del problema ed allargando l’orizzonte a strategie di respiro internazionale, ha fatto il punto sulla presenza di contaminanti prioritari ed emergenti nelle acque, sulle fonti e sui meccanismi di immissione in ambito municipale, industriale, agricolo e zootecnico e alle tecniche di rimozione. Erano presenti, infatti, oltre al Politecnico di Milano-DICA, al Consiglio Nazionale delle Ricerche-IRSA, all’Università degli Studi di Milano Bicocca-DISAT e alla Lariana Depur. anche l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Lombardia, l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, l’Università degli Studi dell’Insubria, l’Agenzia Regionale Prevenzione, Ambiente ed Energia dell’Emilia Romagna, l’Università di Ferrara e l’Istituto Superiore di Sanità. Hanno portato le loro testimonianze anche importanti istituzioni internazionali come il Joint Research Centre-EC, l’Universitad de Santiago de Compostela, l’Université de Limoges e il Dipartimento per il Territorio del Cantone Ticino. Ugualmente importante è stato il punto di vista di diverse aziende direttamente interessate al problema dei microinquinanti e contaminanti emergenti quali: Process Factory, Centro Tessile Serico, TBF+Partner, Gruppo CAP, Veolia, Xylem e De Nora.

Tra le soluzioni tecnologiche e le prospettive gestionali sono state analizzate le prestazioni dei processi convenzionali e di quelli più avanzati, considerando altresì esempi applicativi nazionali ed internazionali. Sono state infine discusse le possibili vie per contenere i rischi considerando, in particolare, l’esperienza della Svizzera che ha avviato una politica nazionale di adeguamento degli impianti di depurazione municipali ritenuti più rilevanti al fine di abbattere dell’80% il carico di microinquinanti emergenti residui negli effluenti e la strategia della fondazione ZDHC (Zero Discharge of Hazardous Compounds) per eliminare (o, almeno, ridurre) il carico di composti pericolosi derivante dall’industria tessile e della moda.

Nella tavola rotonda conclusiva ha avuto luogo un confronto tra ricercatori, rappresentanti dell’industria, tecnici del monitoraggio ambientale, gestori del servizio idrico integrato ed amministratori pubblici e privati, sulle azioni necessarie per un utilizzo equilibrato delle nuove sostanze chimiche e per la loro rimozione, in linea con il mantenimento di una idonea qualità ambientale delle risorse idriche.

Oltre a proseguire il monitoraggio della presenza di queste sostanze nell’ambiente, nelle acque reflue e di approvvigionamento, e le attività di ricerca per comprendere i meccanismi di rimozione e di sviluppo delle tecnologie di abbattimento, nei prossimi anni sarà necessario sviluppare delle strategie con un approccio olistico e di collaborazione tra i vari attori coinvolti (Enti di pianificazione e controllo, Università e centri di ricerca, gestori del servizio idrico, fornitori delle tecnologie).

________________________

Chi siamo

Lombardy Energy Cleantech Cluster (LE2C) rappresenta il sistema produttivo lombardo per l'energia e l'ambiente. Nasce nel 2009 su iniziativa di 8 imprese e diventa associazione riconosciuta da Regione Lombardia nel 2014. Oggi, LE2C è una realtà affermata quale Cluster Tecnologico Lombardo per l’energia e l’ambiente a supporto della crescita, innovazione e competitività regionale. Un “laboratorio esteso” in cui poter sviluppare progetti di ricerca, innovazione e business, grazie alla presenza di un centinaio tra piccole, medie e grandi imprese, 15 associazioni imprenditoriali ed enti no profit, 9 tra università e centri di ricerca, 5 enti di pubblica amministrazione, 4 istituti bancari e organi di stampa di settore.

Cosa facciamo

LE2C opera su quattro Aree di Competenza:

- Smart Energy Systems

- Sustainable Manufacturing

- Green Building

- Water Energy Nexus

La missione di Lombardy Energy Cleantech Cluster è promuovere sinergie tra il mondo dell’impresa e quello della ricerca al fine di incrementare la competitività dei suoi associati.

Nel 2011, LE2C ha ottenuto l’attestazione di qualità Bronze Label dall’ESCA, mentre nel 2015 è stato il primo cluster italiano ad ottenere la Gold Label a certificare l’eccellenza del lavoro svolto.

LE2C è parte di diversi network internazionali, come Vanguard Initiative, una rete di regioni europee che lavorano insieme sulle tematiche della S3 (www.s3vanguardinitiative.eu). Il Cluster LE2C è coinvolto nei gruppi pilota Bio-economia e Produzione Energetica negli ambienti difficili. All’interno di quest’ultimo ha avviato nel 2017 il progetto europeo NeSSIE (North Sea Solution for Innovation in Corrosion for Energy) su tecnologie anticorrosive per gli impieghi nella produzione di energia da fonti rinnovabili.